Il castello di Grinzane Cavour rappresenta uno dei migliori esempi di architettura medioevale in Langa.
Oltre alle rilevazioni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte in diverse occasioni di rinvenimenti, hanno esaminato la storia del luogo e soprattutto del castello vari studiosi in rispettive pubblicazioni: Andrea Bruno, Luigi Cabutto, Baldassarre Molino, Giulio Parusso, Gian Battista Sannazzaro.
Il suo aspetto attuale è il risultato di un accurato lavoro di restauro del 1961, che ha riportato l’edificio, nei secoli oggetto di interventi non sempre corretti, alla sua veste originaria.
Grinzane Cavour
Posizionato su morbidi rilievi collinari, con un “castrum” più residenziale che fortemente strategico, il territorio di Grinzane Cavour deve aver rappresentato già in età romana un gradevole ambiente per agiati possidenti della vicina città Alba Pompeia.
Ciò si potrebbe anche desumere dal ritrovamento di materiali di quell’età nei pianori delle valli dei due torrenti Talloria e dal suffisso del nome, che indica un “fundus” d’epoca romana.
La prima citazione di Grinzane (col nome di «Grezan»), con Serralunga d’Alba, Roddi e Verduno, pare essere quella di conferma dei possessi all’abbazia di S. Benigno di Fruttuaria da parte dell’imperatore germanico Enrico II nel 1014.
Le prime tracce del castello
Forse in quel periodo, o poco dopo, fu eretto il primo nucleo del castello, che doveva consistere nella torre quadrata (all’epoca meno alta ed ora corrispondente al mastio elevato) e in una cinta racchiudente alcuni edifici, col cortile sopraelevato di un piano rispetto all’esterno.
Dalla metà del XII secolo è attestata nel luogo la famiglia signorile de Grinzaneis, gravitante nell’orbita politica del Comune di Alba.
A questo casato può essere riferita l’opera di rafforzamento ed integrazione del complesso castellano.
Nella prima metà del Trecento sembra disporre del castello il Comune albese per l’investitura ottenuta un secolo prima dal vicario imperiale Manfredo Lancia.
Nel 1345 risulta tenervi un presidio al comando di Franceschino De Brayda.
In quegli anni tutta questa zona della Bassa Langa viene interessata da un nuovo processo di incastellamento che coinvolge anche il maniero di Grinzane il quale, verso la metà del secolo, assume quasi l’aspetto attuale.
A quel tempo l’accesso avveniva dal lato a mezzogiorno, ad un livello più elevato (ovvero quello del cortiletto interno), tramite il ponte levatoio in corrispondenza della grande apertura ogivale.
Seppur non si conoscano gli effettivi committenti, lo stile è quello riscontrabile nei castelli dei nobili Falletti (a Barolo, Serralunga, Roddi) con le torricelle pensili che qui orlano il lato a mezzogiorno e le tre fasce decorative di archetti ciechi: elementi costruttivi probabilmente da riferire all’operosità di maestranze locali.
Vendite e acquisti tra il XV e il XVII secolo
Nel 1418 il “castrum” risulta in possesso di Raimondo di Busca, che in tale anno vende la signoria di Grinzane e parte di Borzone (piccolo insediamento a nord del luogo) a Volino Marsaglia di Cherasco per 1200 scudi.
La presenza di questo Busca, in analogia con la storia documentata della confinante Diano, induce a collegare la presenza dei marchesi Busca in Grinzane alla cacciata dei militi inglesi di Lionetto di Clarence del 1372, con le successive lotte con i marchesi di Monferrato per il relativo possedimento.
Il marchese di Monferrato (al quale il feudo era probabilmente pervenuto con la pace di Ferrara, come per Diano d’Alba) nel 1448 vende il luogo, con Borzone e Babellino (cascina Bablino, diventata poi Rabbino) ad Antonio Calderaro per 1400 ducati.
A questo casato si deve, al secondo piano nel settore ovest del castello, la cosiddetta “Saletta degli stemmi” con affreschi a motivi decorativi ed araldici.
Le quote del castello tra eredità e matrimonio
Da Antonio nel 1532 la signoria di Grinzane passa a Matteo Calderaro, la cui figlia la porta in dote a Gabriele Nuvolo.
Costui ne vende metà nel 1546 all’albese Petrino Belli, giurista e cancelliere del duca Emanuele Filiberto di Savoia, e l’altra metà nel 1560 a Teobaldo Cagnola.
Il Belli, verso il 1547 in occasione del suo matrimonio con Giulia Damiano, fa realizzare il pregevole “Salone delle Maschere”.
Da altra Giulia, figlia di Domenico Belli, sposa di Amedeo Dal Pozzo marchese di Voghera, la quota passa nel 1619 a questo casato che la conserva fino all’abolizione dei feudi a fine dell’Ancien Régime sabaudo.
Probabilmente commissionato dai Belli nel primo Seicento è il ciclo di affreschi tardo-manieristi nella sala superiore a quella delle “Maschere”.
Nel 1696 muore nel castello mons. Gerolamo Ubertino Provana, vescovo di Alba, allora ospitato dal marchese Dal Pozzo.
La metà del maniero ancora appartenente ai Cagnola, tramite Eleonora, figlia di Zaccaria, perviene per matrimonio nel 1619 agli Argentero conti di Bagnasco, che la mantengono fino all’ultimo quarto del Settecento.
All’inizio del XIX secolo le proprietà legate al castello pervengono con questo ai Clermont-Tonnerre, dai quali per via ereditaria nel 1849 a Camillo Benso conte di Cavour.
Egli, soprattutto tra il 1836 ed il 1847, sperimenta nelle cantine la produzione del famoso vino barolo, con la consulenza del generale Pier Francesco Staglieno e dell’esperto francese Louis Oudard.
Dopo il decesso di Cavour il maniero e le proprietà nel territorio grinzanese pervengono agli eredi Alfieri di Sostegno.
L’ultima discendente di questo casato, Adele, dona nel 1932 il castello e parte dei beni al Comune di Alba (al quale Grinzane era stato aggregato pochi anni prima), trovando poi l’attuale destinazione ben dopo la recuperata autonomia comunale di Grinzane Cavour nel 1948.
L’evoluzione architettonica
Circa l’evoluzione architettonica del “castrum” va notato che, alla metà del XVI secolo, la presenza di due consignori comporta nuove esigenze residenziali.
In seguito, alcune parti del castello vengono sopraelevate, così come, di conseguenza, forse si alza ulteriormente il mastio.
Assume anche forma definitiva il lato verso nord-est, pervenuto nel 1546 a Pietrino Belli di Alba, che vi ricava ed orna almeno un salone, al secondo piano.
Di notevole interesse artistico, si tratta del “Salone delle Maschere”, il cui soffitto ligneo a cassettoni è ornato da tavolette dipinte, d’ispirazione rinascimentale.
Le cosiddette “Maschere” sono costituite dai ritratti inseriti nell’apparato decorativo, insieme a stemmi, allegorie, animali e figure mostruose, vasi, bambini e cherubini.
Sopra quella delle “maschere” si trova una sala con tre volte a crociera, due delle quali ornate di affreschi tardo-manieristi del primo Seicento, anch’essi commissionati dai Belli, consistenti in motivi decorativi e simbolici a grottesche, attorno a riquadri con scene figurate.
La visita apostolica del vescovo mons. Regazzoni nel 1577 registra nel castello anche un piccolo oratorio gentilizio.
Il castello oggi
Dopo i restauri iniziati nel 1961 e con l’eliminazione degli edifici addossati che Enrico Gonin nell’Ottocento rappresentava adiacenti al lato di nord-est, il castello si mostra oggi nuovamente in tutta la sua qualità architettonica, in buona parte trecentesca e cinquecentesca.
Sede dell’Enoteca Regionale Piemontese “Cavour” dal 1967 e dallo stesso anno dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini d’Alba, il maniero rivitalizzato ospita, oltre ad un rinomato ristorante, anche un composito Museo della civiltà contadina e del famoso statista.
Vi si trovano cimeli e ambienti cavouriani, oggetti attinenti all’enogastronomia albese, attrezzi di cantina (fra i quali un “monumentale” torchio a leva del 1704), arredi pregiati, sale con pannelli illustrativi delle Langhe e del Premio letterario “Grinzane”.
Dal 2014 il castello e le sue pertinenze costituiscono una core zone nell’ambito del prestigioso riconoscimento quale “Patrimonio mondiale dell’Umanità”, concesso dall’UNESCO ai paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato.
Palazzo Salmatoris Cherasco
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