Barbera d’Asti DOCG
La storia del Barbera d’Asti (maschile o femminile poco importa) è quella di un riscatto e di una evoluzione.
Da vino «del popolo» a vino «popolare», richiesto e ricercato dagli estimatori di tutto il mondo; da bevanda da osteria ad espressione pura del Piemonte enoico, capace di sfidare i rossi più blasonati della regione.
Il vitigno barbera merita questa riscoperta perché è la varietà più coltivata sulle colline piemontesi e il Barbera d’Asti ne è l’espressione più compiuta, prodotto in un’area ristretta che comprende l’Astigiano e qualche comune dell’Alessandrino.
La qualità raggiunta è frutto di selezioni in vigna e pratiche rigorose in cantina. Se un tempo ogni versante era buono per piantarne un filare, oggi le uve di barbera si sono conquistate le migliori esposizioni. Se la vinificazione privilegiava l’acidità rispetto alla finezza, il taglio con altri vini rispetto alla purezza, la quantità piuttosto che la qualità, oggi questi canoni vanno letteralmente invertiti.
I produttori conoscono le potenzialità della «Signora in Rosso» e i consumatori ne apprezzano la morbida potenza, l’equilibrio tra frutto ed eleganza.
Soprattutto, la Barbera d’Asti ha svelato che esiste un Piemonte oltre le Langhe del Barolo e del Barbaresco. Oltre il Nebbiolo. Ha aperto i confini mentali dei consumatori e ha dimostrato che non esistono vitigni “inferiori”, al massimo, vinificazioni distratte.
La dicotomia tra «Barbera e Champagne» cantata da Gaber, tra ciò che è basso e ciò che è alto, tra triviale e sofisticato, tra semplice e complesso sembra definitivamente tramontata. È stata sostituita da un’incredibile voglia di riscoperta qualitativa che oggi fa del Barbera d’Asti un vino imprescindibile per la conoscenza di ciò che il Piemonte vitivinicolo è in grado di esprimere.
Vitigni
Denominazione
Colore
Tipo
Alcohol min.
Varianti
Stabilito nel
La storia del Barbera d’Asti DOCG
Il vino del riscatto
L’Ampelografia della Provincia di Alessandria, licenziata da Carlo Leardi e Pier Paolo Demaria nel 1873 così descrive il barbera: «Vitigno conosciutissimo ed una delle basi principali dei vini dell’Astigiano e del basso Monferrato, dove è indigeno e da lunghissimo tempo coltivato».
Vitigno autoctono dell’Astigiano dunque e «antico»: ma quanto antico e da quando coltivato? Per rispondere a questa domanda dobbiamo risalire al XIII secolo, recuperando un documento d’affitto di Casale Monferrato: è qui che, per la prima volta, si parla di «vitibus berbexinis». Tracce del nome «barbera» si trovano nel catasto di Chieri del 1514, ma la prima descrizione ampelografica è quella del 1798, quando entra ufficialmente nell’elenco dei vitigni piemontesi redatto per la Società Agraria di Torino.
Il barbera, dunque, sembrerebbe un vitigno di diffusione alto medievale. Tesi confermata dal suo stesso etimo che – seppur incerto – rimanderebbe al termine barbarus. Il Piemonte, d’altra parte, è sempre stata una terra di confine dove abbondano i toponimi a radice «Barb»: Barbaresco, Barbania, Barbantana, Barbassa, Barbe, Barberis, Barbero… e così via.
La storia del Barbera come oggi lo conosciamo è però legata al XIX secolo. Dopo la distruzione dei vigneti italiani a causa della fillossera, i contadini piemontesi scelsero in gran parte di ripiantare barbera per le sue indubbie qualità: eccezionale vigoria, buona adattabilità, costanza produttiva. Fu nei primi anni del ‘900 che le uve barbera conquistarono il Piemonte e divennero il vitigno più coltivato della Regione.
Tanta abbondanza doveva pur trovare il suo mercato. E così il Barbera divenne il primo vino ad ampia diffusione popolare. Osterie, taverne e balere del Nord Italia furono inondate di Barbera, spesso di infima qualità, “tagliata” con vini provenienti dal Sud Italia per bilanciarne la naturale acidità.
Fu nella prima metà degli anni ’80 che il destino del Barbera cambiò rotta. Nell’area dell’astigiano e del canellese, produttori desiderosi di restituire alla «Signora in Rosso» la sua dignità cominciarono a vinificarla in purezza. Scelsero gli appezzamenti più solatii, introdussero i diradamenti in vigna, abbandonarono definitivamente i tagli e decisero di arricchire la vinificazione con alcuni passaggi in legno.
Il Barbera d’Asti rinacque nella sua versione perfetta. La stessa che oggi fa scuola e, grazie agli sforzi qualitativi di tutto il comparto, nel 2008 ha conquistato la vetta della DOCG, entrando di diritto a far parte dei grandi vini del Piemonte.
Barbera d’Asti DOCG: Terroir
L’area di produzione del Barbera d’Asti comprende la provincia di Asti e parte della provincia di Alessandria su una superficie complessiva di circa 5.500 ettari.
Si tratta di un sistema collinare caratterizzato da declivi morbidi e ondulati, che non superano i 400 metri di altitudine e, in alcune aree, presentano ampie superfici boschive.
Le terre della Barbera d’Asti risalgono a oltre 2 milioni di anni fa, quando il mare cominciò a ritrarsi dalla Pianura Padana.
Sommariamente, i suoli possono essere divisi in due aree principali. Le colline occidentali e quelle meridionali della denominazione presentano una geologia caratterizzata da Marne Bianche, ovvero banchi di argilla mista ad arenaria e calcare originari del nel Miocene.
Più giovane è la parte centrale (attraversata dal fiume Tanaro), dove dominano le cosiddette Sabbie Astiane, nate nel Pliocene e più simili alla composizione del Roero. Le Sabbie Astiane sono depositi di tipo sedimentario in ambiente costiero, ricchi di arenarie fini, carbonato di calcio e povere di sostanze organiche. Sono terreni sciolti, che trattengono meno acqua, dunque più aridi durante la stagione estiva.
Su queste colline, il vitigno barbera occupa i versanti meglio esposti e i bricchi delle colline perché necessita di un’ottima radiazione solare per giungere a piena maturazione.
Le caratteristiche del Barbera d’Asti vino sono strettamente legate al terreno. Quelle delle marne bianche risultano generalmente più corpose e strutturate, ricche di colore, longeve. Le Sabbie Astiane, invece, regalano vini caratterizzati da profumi intensi e fini bassa acidità e maturazione più precoce.
Altitudine preferita
Terreno preferito
Cru / MGA
Città di produzione
Barbera d’Asti DOCG: Vitigni
Il Barbera d’Asti DOCG è un vino monovarietale, e di conseguenza può essere prodotto esclusivamente da uve Barbera
La sua buona vigoria, con produzione costante ed abbondante, è alla base della sua diffusione in Piemonte, favorita anche dai reimpianti seguiti all’infezione filosserica che, nei primi decenni del secolo, fece strage di vigneti. La maturazione avviene tra fine settembre e inizio ottobre. Il grappolo è piramidale, più o meno compatto a seconda delle situazioni colturali ed ambientali. L’acino è... puoi scoprire di più sul Barbera qui.
Barbera d’Asti DOCG: Caratteristiche
Del Barbera d’Asti colpiscono il colore, l’acidità e l’assenza di astringenza data da una bassa concentrazione tannica.
Ne risulta un vino caratterialmente fresco, dalle sfumature violacee impenetrabili, con una ricchezza di frutto che stupisce a ogni sorso.
La versione Superiore, affinata in legno, approfondisce e nobilita tutti questi caratteri, riuscendo a portare la Barbera d’Asti su di un nuovo livello gustativo, ricco di sfumature, capace di competere con i rossi più blasonati del panorama internazionale.
Alla vista
Il Barbera d’Asti si presenta di colore rosso rubino intenso e impenetrabile alla luce, a tratti violaceo.
Con l’invecchiamento, il rosso tende ad assumere sfumature meno intense, fino a raggiungere una tinta granata.
Al naso
Nelle versioni più immediate e giovani prevalgono le sfumature vinose e i sentori di frutta rossa – la ciliegia, mora, il lampone, la prugna – che evolvono, con l’affinamento, in sentori di confettura, frutta caramellata e sotto spirito.
L’affinamento in legno concede sfumature balsamiche e speziate, che possono svelare anche aromi tostati come il cacao e la liquirizia.
In bocca
La Barbera d’Asti offre uno spettro gustativo intenso e pieno, di grande calore, virato sulla frutta a buccia scura.
È un vino immediato, con un piacevole nerbo acido, che ne acuisce la freschezza.
L’invecchiamento aggiunge austerità, un tocco di tannino (sempre dolce e vellutato) con sentori di essenze legnose, che aprono alle spezie e alla vaniglia.
Disciplinare
Colore
Profumo
Gusto
Spuma
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Servizio
Il Barbera d’Asti si serve in calici a ballon a una temperatura di 18° - 20° C. La versione Riserva merita un bicchiere tipo "Borgogna".
Barbera d’Asti DOCG: con cosa abbinarlo
Il Barbera d’Asti è l’essenza di un vino a tutto pasto.
Predilige i primi di pasta ripiena, le carni rosse, le grigliate e i formaggi a media stagionatura.
Nella sua versione invecchiata, può tranquillamente accompagnare la selvaggina, i salumi a lunga stagionatura e i formaggi erborinati.
È perfetto con i risotti e i piatti della tradizione piemontese come il brasato, il bollito e la bagna cauda.
Ricette da abbinare con Barbera d’Asti DOCG
Barbera d’Asti DOCG: Produzione
Due metodi di produzione
Allevate sulle colline meglio esposte dell’astigiano e del Monferrato, le uve di barbera vengono solitamente vendemmiate attorno alla metà di settembre.
Dopo la pigiatura e la fermentazione, sono due le principali versioni che si sono affermate nell’attuale metodo di produzione.
Da una parte l’affinamento in acciaio, di almeno 4 mesi, che ha il merito di offrire Barbera d’Asti pronte, scalpitanti e immediate, in cui prevalgono i sentori di frutta fresca e spicca la naturale acidità del vitigno.
Dall’altra, l’invecchiamento in botti e barriques (almeno 6 mesi su di un totale di 14) finalizzate a produrre la tipologia «Superiore».
Dall’incontro con il legno scaturiscono Barbera d’Asti assai più longevi, complessi e rotondi che, pur mantenendo una buona spalla acida, dimostrano un carattere più docile e profondo, arricchito di note balsamiche e speziate.
Tempo in legno
Tempo in bottiglia
Messa in vendita
Resa delle uve
Incontra i produttori
Curiosità
Un vino eccezionale che regala caratteristiche uniche, soprattutto se il vitigno è coltivato in aree di pregio.
A partire dal 2000, il disciplinare del Barbera d’Asti ha previsto la possibilità di indicare in etichetta tre sottozone:
- il Tinella
- i Colli Astiani
- il Nizza
Le sottozone vengono create per promuovere e valorizzare determinate aree di pregio all’interno dei confini della denominazione, nell’ottica di offrire al consumatore la possibilità di distinguere con maggiore consapevolezza le varie espressioni del vitigno.
Le sottozone, di solito, hanno caratteristiche di vinificazione e produzione più stringenti, in modo da spingere la qualità verso l’alto.
La sottozona Tinella, ad esempio, può essere attribuita a tutti quei Barbera d’Asti prodotti nel territorio dei comuni di Costigliole d’Asti, Calosso, Castagnole Lanze, Coazzolo e Isola d’Asti. Ha volume alcolico minimo del 13% e deve essere invecchiata almeno 12 mesi, di cui 6 in legno.
La stessa cosa vale per la sottozona Colli Astiani, che può però essere prodotta solo nei comuni di Azzano, Mongardino, Montaldo Scarampi, Montegrosso d’Asti, Rocca d’Arazzo, Vigliano, Asti (frazioni di Montemarzo e San Marzanotto Valle Tanaro) e Isola d’Asti.
Un discorso a parte, meriterebbe la sottozona Nizza, quella che, dalla sua creazione, ha fatto più strada.
Limitata al territorio dei comuni intorno a Nizza Monferrato, cuore storico della Barbera d’Asti, il Nizza è riuscito ad emanciparsi dal suo stesso disciplinare, riuscendo ad ottenere, nel 2014, una denominazione propria: il Nizza DOCG.
Merito dei produttori dell’area che, dopo un lungo iter burocratico, hanno saputo proporre un vino qualitativamente ineccepibile, con caratteristiche sue proprio.
Una Barbera in purezza con rese molto basse, vocata alla longevità. Il Nizza infatti deve invecchiare un minimo di 18 mesi, di cui 6 tassativamente il legno.