Letture golose

Quali sono i vitigni autoctoni di Langhe e Roero

Agosto 25, 2023
Azienda Agricola Vietto

Le Langhe e il Roero, rinomati per i loro prelibati vini, fanno derivare parte del loro fascino dalla ricchezza dei vitigni autoctoni che prosperano nei loro terreni.

Questi vitigni sono parte integrante dell’eredità enologica del nostro territorio e, con il loro unico carattere, contribuiscono alla produzione di vini indimenticabili.

Partiamo con i rossi e proseguiamo poi con i bianchi!

Nebbiolo, il nobile vitigno

Il nebbiolo, spesso definito il “re dei vitigni”, è la varietà iconica delle Langhe.

Da esso nascono i celebri Barolo e Barbaresco, vini conosciuti come i più fini e longevi e che hanno reso grande la nomea di questo territorio.

Uva nebbiolo

Questo vitigno deve il suo nome molto probabilmente alla nebbia che emerge nel periodo in cui viene generalmente vendemmiato, a ottobre, oppure alla patina – la pruina – che si forma sull’acino, come fosse una leggera foschia autunnale.

I vini che nascono dal nebbiolo si distinguono per un profilo aromatico complesso che combina note floreali, fruttate e speziate. In gioventù, possono risultare tannici, ma con l’invecchiamento sviluppano una straordinaria eleganza e profondità. Noblesse oblige.

Barbera, l’equilibrio gustativo

Il barbera (che si declina al femminile quando si tratta però del vino) è un altro vitigno autoctono ampiamente coltivato nelle Langhe, talmente rinomato che quasi non ha bisogno di presentazioni.

Vitigno barbera

“Ai nostri dolor insieme brindiam / Col tuo bicchiere di Barbera / Col mio bicchiere di Champagne”

GIORGIO GABERBarbera e Champagne

Ha un’origine antichissima e la sua caratteristica principale è l’elevato livello di acidità naturale, che persiste anche a maturazione completata.

I vini che ne derivano sono apprezzati per il loro equilibrio tra freschezza acida e struttura tannica e questo equilibrio li rende estremamente versatili, adatti sia per il consumo giovane che dopo un periodo di invecchiamento.

I profili aromatici dei vini Barbera variano da note di frutta nera e rossa a sfumature leggermente speziate.

Che dire… Gaber docet.

Dolcetto: il vitigno “rusti-chic”

Il dolcetto è un altro vitigno caratterizzante delle Langhe, deve il suo nome al dialetto piemontese “ducet” per la predisposizione dell’acino a essere più dolce, elemento che invece non si presenta nel vino.

Il vitigno può essere coltivato in modo relativamente facile, ma non altrettanto semplice è la sua vinificazione, che deve essere breve per evitare il rischio di ottenere un vino dalla tannicità troppo spiccata e dal colore troppo intenso, dato che le bucce sono ricche di pigmenti scuri.

Il risultato che ne consegue è un vino di colore rubino violaceo, dal profilo fruttato, che ricorda la ciliegia nera, e dal gusto asciutto e piacevolmente amarognolo.

dolcetto - eventi

A differenza dei vini potenti e longevi prodotti dal nebbiolo, il Dolcetto è noto per la sua freschezza e bevibilità.

Questi vini si prestano perfettamente a essere consumati giovani, offrendo piacevoli sensazioni di morbidezza e frutta fresca.

Quindi: Dolcetto o… Dolcetto?

Pelaverga, l’amico ritrovato di Verduno

Uno dei cultivar più antichi, dal gusto e dalla storia peculiari.

Il vitigno pelaverga piccolo —da non confondere con quello grosso, tipico del saluzzese— è una rarità che si narra sia giunta a Verduno grazie al beato Sebastiano Valfrè nel Settecento.

La sua riscoperta agli anni’ 70 diede a questo particolare vino nuovo lustro quando si decise di vinificarlo in purezza.

La sua area di produzione è ristretta al comune di Verduno e comprende anche parte dei comuni di Roddi e La Morra.

Da questo prezioso vitigno si ottiene un vino dai profumi intensi e speziati e la poca acidità lo rende un prodotto perfetto per essere consumato in estate. Un’autentica gemma enologica.

La nascetta, la rinascita

Nascetta, anascetta o nas-cëtta, sono solo alcuni dei modi per identificare questo vitigno “sopravvissuto“.

Già conosciuto nel 1877, nel libro di Giuseppe di Rovasenda, Saggio di un’ampelografia universale, come “uva delicatissima e vino squisito”, questa varietà, a lungo trascurata, ha recentemente riacquistato attenzione e rispetto grazie agli sforzi di alcuni produttori locali.

La nascetta si distingue per la sua capacità di produrre vini di grande carattere e complessità, esprimendo il terroir unico della regione.

La sua produzione è concentrata nei comuni di La Morra, Novello, Santo Stefano Belbo, Serralunga d’Alba, Barolo, Trezzo Tinella, Dogliani, Carrù e Castiglione Falletto, dimostrandosi in tal senso una vera espressione territoriale. Un tesoro da preservare.

Arneis, l’essenza dorata del Roero

Roero richiama immediatamente arneis: un connubio mentale e fisico imprescindibile che racconta la storia di un luogo.

La composizione sabbiosa del Roero ha permesso al terreno di essere una culla ideale per il vitigno dell’arneis.

Il suo nome in dialetto significa “ribelle” o “difficile” (anche se alcune teorie lo fanno risalire ad “arnese”) e le prime informazioni riguardanti questo vitigno risalgono addirittura al XV secolo.

Nota curiosa è che i vitigni di arneis venissero affiancati a quelli di nebbiolo (da qui anche il soprannome di “nebbiolo bianco“), varietà considerata più pregiata dai contadini.

I grappoli di uva bianca, profumati e dolci, erano maggiormente attaccati da insetti e volatili e ciò favoriva lo sviluppo degli acini di nebbiolo.

Negli anni ’60 ha subito una battuta di arresto a causa dello spopolamento delle campagne, ma la sua coltivazione ha ripreso vigore negli anni Ottanta, diventando uno dei vini bianchi più rinomati. Ribelle per una giusta causa.

Moscato, un incanto dei sensi

Il moscato è uno dei vitigni maggiormente rappresentativi del basso Piemonte, nonostante non sia autoctono e sia coltivato in tutta Italia.

Un’uva naturalmente aromatica, dalla straordinaria versatilità, capace di creare vini dalla nomea altisonante come l’Asti Spumante e il Moscato d’Asti.

La sua coltivazione non è facile come può sembrare, tantomeno la sua rapida vinificazione, ma il risultato è sempre di grande eleganza e mai scontato, grazie alla tecnica di abili produttori e alla materia prima ineccepibile.

La classe non è acqua, ma Moscato.

Per concludere

Ciascuno di questi vitigni ci fa capire che nonostante il mondo continui a evolversi, c’è una bellezza senza tempo che viene curata e preservata da mani esperte.

I vitigni autoctoni delle Langhe e del Roero rappresentano una vera e propria finestra identitaria ben precisa e radicata, come solo le radici di una vite possono essere, intrecciate naturalmente al lavoro dell’uomo, al clima, alla terra.

Fonti utilizzate

  • Jancis Robinson, Guida ai vitigni del mondo, Slow Food Editore
  • Andrea Zanfi, L’Italia del vino
  • Luca Gardini, Pierluigi Gorgoni, Andrea Grignaffini, Marco Pozzali, Enciclopedia del vino, Dalai Editore