Dolcetto d’Alba DOC
Il Dolcetto è il più tipico vino delle Langhe.
Ben oltre il dopoguerra, era il dominatore incontrastato delle colline sulla destra del Tanaro, diffusissimo nelle attorno ad Alba e pure in Alta Langa. Era – e in qualche modo lo è tutt’ora – il vino della tradizione, quella vissuta e “bevuta” quotidianamente, con grande piacere e soddisfazione.
Chiunque avesse qualche filare nei dintorni di Alba piantava dolcetto. Grazie a una maturazione precoce e un basso tenore di acidità, veniva utilizzato come uva da pasto e vino da sfoggiare in qualsiasi occasione.
Meno raro del Barolo, meno cerimonioso del Barbaresco, più facile del Nebbiolo, il Dolcetto si adattava alla vita rustica del tempo e quella rusticità, in qualche modo, è la nota che ancora oggi lo rende differente.
Non dobbiamo far l’errore, tuttavia, di considerarlo un “sempliciotto”. Il dolcetto è un vitigno esigente e il suo omonimo vino un piccolo capolavoro di equilibrio tra tannino e frutto, tra piacevolezza e affabilità.
È così che, dopo aver ottenuto la DOC nel 1974, il Dolcetto d’Alba ha continuato a mietere un discreto successo, soprattutto nelle sue versioni più complesse e “intelligenti”, in cui non lo si declassa al rango di «vinello» ma lo si tratta con il rispetto che merita: un grande vino degno di rappresentare le Langhe nella loro forma più autentica e beverina.
Vitigni
Denominazione
Colore
Tipo
Alcohol min.
Varianti
Stabilito nel
La storia del Dolcetto d’Alba DOC
Il vino della tavola quotidiana
Le prime notizie storiche riguardo al vitigno dolcetto vengono dall’archivio del Comune di Dogliani.
Qui, nel registro di una seduta del 28 agosto 1593 viene stabilito che: «Níuno ardischi di qua dalla festa di S. Mateo vendemmiare le uve et se qualcheduno, per necessità o altra sua stima, vorrà vendemmiar qualche Dozzetti o altre uve sarà tenuto a prender licenza dal deputato... sotto pena della perdita delle uve». È la prima apparizione documentabile del Dozzetto, ovvero Dolcetto, a indicare che il vitigno fosse popolare nell’area delle Langhe e tenuto in così grande considerazione da doverne regolare la raccolta.
L’etimo ci riporta al significato originale del termine che, contrariamente a come suona in italiano, si riferisce al dialettale duset o dosset, ovvero «piccolo dosso di collina» (anche se c’è chi ancora sposa l’idea che la parola indichi la dolcezza delle uve al loro assaggio).
Alcuni studiosi, tuttavia, ipotizzano un’altra origine diversa. Adducendo come prova uno dei sinonimi di Dolcetto, ovvero «Ormeasco», sostengono che venne il vitigno venne importato in Italia dai saraceni e coltivato a partire dal XIV secolo proprio ad Ormea, comune a cavallo tra Liguria e Piemonte, per decreto dei Marchesi di Clavesana.
Per avere altre notizie del dolcetto bisogna saltare al 1839. Giorgio Gallesio, autore della Pomona italiana, lo qualifica come Vitis Aquaestatellaensis, dal nome romano di Acqui Terme, scrivendo che: «Tutto fa presumere che esso sia nato nel Monferrato» e che la sua coltivazione e diffusione sia iniziata verso il Mille, con il ripopolamento della zona collinare che va «da Mondoví fino a Novi».
«Doglianese», «ormeasco» oppure «acquese», sta di fatto che i filari di dolcetto si svilupparono soprattutto sulle colline delle Langhe, da cui è probabile si diffusero successivamente in Monferrato. Nell’Albese divenne così popolare da superare per notorietà il Barolo e il Barbaresco, almeno fino al dopoguerra.
Fu certamente il vitigno più coltivato, il vino della tavola quotidiana, quello a cui le famiglie erano più affezionate. Si diffuse largamente in Alta Langa per poi venire progressivamente abbandonato. Non solo per la difficoltà della coltivazione, ma anche perché privo di qualsiasi legge di tutela in difesa del nome e della qualità. Un vuoto in parte riempito dall’ottenimento della DOC nel 1974, che ha avuto il merito di distinguere il Dolcetto dell’Albese da quello di Diano, di Ormea, di Acqui Terme o di Ovada.
Oggi il destino del Dolcetto d’Alba è incerto. Da una parte i filari vengono spiantati in favore del nebbiolo, la cui notorietà sta erodendo molti degli spazi dedicati ai vitigni autoctoni delle Langhe. Dall’altra, alcuni produttori stanno investendo sulla qualità della denominazione, contribuendo a valorizzarne le peculiarità uniche: quella fragranza vinosa con un accentuato, gradevole fondo amarognolo che lo rendono un vino di facile beva, tutt’altro che banale.
Dolcetto d’Alba DOC: Terroir
La denominazione Dolcetto d’Alba si estende sulle colline di 35 comuni distribuiti a raggera intorno alla città di Alba, nelle Langhe.
Grossomodo, il comprensorio si estende da Narzole a Santo Stefano Belbo sulla direttrice Ovest-Est; e da Neive a Cortemilia su quella Nord-Sud.
Le colline vitate sono poste quasi tutte sulla destra del fiume Tanaro e poggiano su terreni di origine miocenica, risalenti a quasi 70 milioni di anni fa.
Dal punto di vista geologico, i suoli del Dolcetto d’Alba possono essere suddivisi in due aree.
Le prima è quella orientale, racchiusa tra le colline del Barolo e del Barbaresco: caratterizzata da marne argillose grigio-bluastre, dona vini più densi e strutturati.
La seconda procede in direzione della Valle Belbo. Presenta terreni più sciolti, calcarei e arenacei che si trasferiscono in vini più profumati, fini e leggeri.
Altitudine preferita
Terreno preferito
Cru / MGA
Città di produzione
Dolcetto d’Alba DOC: Vitigni
Il Dolcetto d’Alba DOC è un vino monovarietale, e di conseguenza può essere prodotto esclusivamente da uve Dolcetto
Esigente in fatto di terreno, predilige quelli calcarei marnosi. Terreni troppo freschi o argillosi causano la prematura caduta degli acini nell’imminenza della vendemmia. Ha una vigoria vegetativa un po’ inferiore alla media. Matura verso metà settembre. Il grappolo è di forma piramidale, allungata; l’acino, rotondo, ha la buccia di colore blu-nero. A seconda delle aree di coltivazione, si ottengono quattro... puoi scoprire di più sul Dolcetto qui.
Dolcetto d’Alba DOC: Caratteristiche
Vino armonico, giustamente tannico, con un leggero gusto ammandorlato che lo rende perfetto per tutto il pasto.
Il Dolcetto è davvero il vino che può essere portato in tavola in qualsiasi occasione grazie al suo sapore caratteristico, non troppo alcolico, capace di abbinarsi praticamente ad ogni piatto.
La versione Superiore, pur mantenendo l’incredibile facilità di beva, approfondisce le note «blu» di questo vitigno.
La frutta rossa diventa più corposa e vira verso la confettura e le bacche a buccia scura, avvolgendo la bocca con una delicata nota tannica (che si fa dolce e morbida se affinato in legno) e una sfumatura di spezie.
Alla vista
Il Dolcetto d’Alba si presenta di un bel colore rosso carico, intenso e impenetrabile alla luce, con qualche sfumatura violacea.
Al naso
Nelle versioni più immediate e giovani prevalgono le note fruttate.
La versione Superiore si carica di sentori di frutta sotto spirito, ciliegia, mandorla e inchiostro.
In bocca
La nota tipica del Dolcetto d’Alba è il retrogusto ammandorlato e la giusta sensazione di astringenza data dai tannini, che puliscono la bocca e invitano a un nuovo sorso.
Se la versione giovane del Dolcetto d’Alba è tutta giocata sulla frutta (prugna, ribes, mirtillo, mora), quella Superiore diventa più elegante e austera, approfondendo le sfumature a volte speziate, a volte delicatamente minerali.
Disciplinare
Colore
Profumo
Gusto
Spuma
Recupera una buta direttamente dal produttore
LoveLanghe Shop è una nicchia di grandi vini delle Langhe: alcuni sconosciuti, altri già noti ma difficili da reperire, altri in cui vediamo potenziale, ma che ancora devono crescere.
Le bottiglie vengono spedite direttamente dalla cantina a casa tua, senza intermediari.
Servizio
Servire in ampi calici ballon a una temperatura di 18° - 19° C.
Dolcetto d’Alba DOC: con cosa abbinarlo
Il Dolcetto d’Alba è davvero un vino a tutto pasto.
Si accompagna ai primi di pasta ripiena, le pastasciutte al ragù, le carni rosse e bianche, i formaggi di media stagionatura.
Raggiunge vette di eccellenza con i piatti della tradizione piemontese: la polenta, il bollito e la bagna cauda.
Ma il Dolcetto d’Alba se la cava bene con una semplice insalata, una pizza saporita e un piatto di pasta alla carbonara.
Ricette da abbinare con Dolcetto d’Alba DOC
Dolcetto d’Alba DOC: Produzione
Il dolcetto è uno dei vitigni autoctoni più sfidanti del Piemonte, marcato da un’estrema sensibilità e delicatezza che si manifestano tanto in vigna quanto in cantina.
Dal punto di vista agronomico, patisce gli sbalzi termici, le concimazioni eccessive e, in generale, i terreni freddi e umidi.
Particolare attenzione va posta alla vinificazione, in quanto i grappoli sono piccoli e ricchissimi di polifenoli, quei composti naturali presenti nelle vinacce e nei vinaccioli che conferiscono le caratteristiche organolettiche al vino: colore, olfatto, gusto, astringenza.
Il rapporto tra parti solide e liquide è dunque elevato e, specialmente in fase di macerazione-fermentazione, è necessaria un’estrema delicatezza. Il rischio è quello di estrarre troppi tannini (il dolcetto ha in media tre vinaccioli per acino contro i due delle altre varietà) con il conseguente sviluppo di aromi vegetali, spiccata amarezza ed eccessiva astringenza.
Le uve di dolcetto sono solitamente vendemmiate dopo la metà di settembre. Dopo la pigia-diraspatura vengono ammostate in tini di acciaio inox, dove comincia la macerazione, accompagnata dalla fermentazione alcolica. Molti produttori hanno adottato la tecnica delle follature e dei rimontaggi per cercare un’estrazione nobilitante.
La versione base del Dolcetto d’Alba viene fatta affinare in acciaio ed è immessa in commercio giovane, a partire dalla primavera successiva alla vendemmia.
Il Superiore, invece, deve affinare per almeno 12 mesi. Il disciplinare non specifica i materiali delle vasche di affinamento. Sempre più produttori hanno così scelto un passaggio in legno, caratteristica che ammorbidisce le asperità del Dolcetto e regala un vino decisamente più profondo e longevo.
Tempo in legno
Tempo in bottiglia
Messa in vendita
Resa delle uve
Incontra i produttori
Curiosità
Il dolcetto è un vitigno assai diffuso in tutto il Piemonte meridionale.
È una varietà davvero autoctona, basti pensare che si è provato a piantarlo altrove ma ogni esperimento è stato vano.
In base all’ubicazione dei vigneti, dei suoli e dei diversi terroir, dona vini assai diversi, che sono stati riconosciuti da altrettante denominazioni.
Le colline attorno ad Alba donano il Dolcetto d’Alba DOC, forse il più tipico e tradizionale.
Quelle di Diano danno vita al Diano DOCG (o Dolcetto di Diano), che ha avuto la lungimiranza di essere diviso in Sorì (ovvero cru) e rappresenta una delle espressioni di punta della tipologia.
Esiste però anche il Dogliani DOCG, ovvero il Dolcetto tipico delle Langhe occidentali.
Ci sono l’Ovada DOCG, coltivato nei dintorni dell’omonima città e affinato per almeno 12 mesi, il Dolcetto d’Asti e il Dolcetto d’Acqui.
Esistono infine versioni del Dolcetto più “estese” e meno localizzate. Esiste il Langhe DOC Dolcetto, coltivato su di un vasto territorio tra Langhe e Roero, il Dolcetto dei Colli Tortonesi, il Monferrato Dolcetto, il Dolcetto del Pinerolese e il Dolcetto d’Ovada (da non confondere con l’Ovada DOCG che ne rappresenta la versione Superiore).
A dirla tutta, esisteva anche un raro Dolcetto delle Langhe Monregalesi che, per fortuna, con il disciplinare del 2011 è stato accorpato al Dogliani DOCG, semplificando la vita ai consumatori!