Arte e cultura

Cena dello sfogliar la meliga

Ottobre 27, 2012
Cena dello sfogliar la meliga

Quando gli uomini bevono, allora
sono ricchi e fortunati e vincono le
cause in tribunale e sono felici e
aiutano gli amici.

(Aristofane, I cavalieri)

A settembre, in terra cuneese si festeggia la maturazione del mais, ovvero della meliga.

Una cascata di chicchi rosso-aranciati disposti in pannocchia, un raggio di sole nell’incipiente autunno, quando già i Dolcetti sono stati raccolti.

Sulle colline di Langa si celebra la vendemmia: è un rito breve che si compie soltanto nei filari e si consuma nella gioia di staccare i grappoli turgidi e belli; un rito veloce per la paura della pioggia che potrebbe rovinare il raccolto, per l’assillo della pigiatura e della successiva prima vinificazione.

La festa è nel cuore e nelle mani delle “vendemmioire”, nella loro breve sosta per il pranzo costituito da una soma d’aj addolcita da un grappolo d’uva.

L’incontro corale sotto il portico del cortile a sfogliar la meliga, a “despojé” (quante giovanottesche allusioni in questo termine dialettale che vuol dire spogliare, nella fattispecie la pannocchia, però) può assurgere quasi a festa della vendemmia, perché a La Morra si svolgeva solitamente fra la raccolta dei Dolcetti e dei Nebbioli.

Le pannocchie, rimaste con qualche foglia, venivano legate a mazzi e messe a cavalcione sui pali dei graticci ad essiccare.

Le ricette

In questo menu è d’obbligo la polenta gialla con tre intingoli d’eccezione che derivano quasi da un’operazione d’archeologia alimentare: la cognà, la tàrtra salata, e la bagna ‘d l’infern.

Si prosegue con la lepre al civet e poi, in questo menu che stravolge i canoni classici delle portate, il plateau dei formaggi è sostituito da una ciotolina fumante di fonduta con tartufo bianco d’Alba.

Infine le paste di meliga e più tardi, per ravvivare i conversari della compagnia, una tazza calda di vin brulé.

Due soltanto i vini: Dolcetto d’Alba con la polenta, Barolo e Barolo d’annata a seguire, anche col dolce.