Fabio Giachino è un pianista e compositore originario di Roddi, oggi residente a Torino. Ha suonato in tutta Europa ed è considerato dalla critica uno dei più grandi talenti sulla scena jazz negli ultimi anni ricevendo una quantità di premi davvero significativa considerata la sua giovane età (leva 1986).
“Jumbe up” è il titolo del disco uscito quest’anno che ha impressionato gli addetti ai lavori per la sua freschezza e originalità pur mantenendo un certo rispetto per la tradizione. Un lavoro apprezzato ed apprezzabile dagli amanti del jazz classico e da coloro che sono alla ricerca di sonorità moderne, sperimentali, particolari, uniche. Si esibirà al Barolo Jazz Club Martedì 27 Maggio 2014 in occasione di una serata dedicata ai giovani talenti nel mondo jazz.
In questa breve intervista emerge una grande maturità e l’umiltà di un artista che siamo certi farà parlare ancora parlare tanto di sé.
Quali sono le differenze fra l’Italia e gli altri paesi in cui hai suonato? Ci sono delle nazioni in cui ti sei trovato meglio, magari perché culturalmente più preparate al tipo di spettacolo che proponi?
La differenza maggiore è che tendenzialmente all’estero (generalizzando ovviamente, senza soffermarmi su un singolo paese) c’è un maggior rispetto ed interesse verso chi fa questo lavoro: le persone vengono ad ascoltarti anche se non sei una star ma semplicemente perché sono curiose della proposta che stai facendo, senza dover etichettare o classificare tutto per forza!
Attualmente stai portando in giro uno spettacolo con il trio. Vuoi presentarci i due musicisti che ti accompagnano in questa avventura? Come nasce la collaborazione fra voi? In quale modo hanno partecipato all’arrangiamento dei brani da te composti?
La band è attiva ufficialmente dal 2011 da quando abbiamo inciso il primo lavoro “Introducing Myself” con la collaborazione di Rosario Giuliani al sax, anche se ci conoscevamo già da prima e avevamo già lavorato insieme in diverse situazioni soprattutto con Ruben Bellavia (batteria), con Davide Liberti (contrabbasso) ci eravamo conosciuti in un gruppo misto dove ci avevano chiamato a suonare insieme per caso e da lì è nato tutto.
Abbiamo condiviso più di 100 concerti in questi anni e ottenuto diversi premi in numerosi contesti nazionali e internazionali; siamo una band a tutti gli effetti, le composizioni sono quasi tutte mie ma le adattiamo e riarrangiamo insieme in base ai gusti e alle proposte di ognuno. Lascio sempre ampio margine all’improvvisazione istantanea di ognuno e alle proprie iniziative!
Che cosa ne pensi della nascita di un Jazz Club a Barolo?
Sono felice di questo nuovo club, la possibilità di avere una programmazione musicale di questo tipo costante durante l’anno credo sia ottima, una proposta artistica mensile unita al cibo e al vino che caratterizzi in modo così definito il territorio mancava e credo abbia un grosso potenziale.
Come viene accolto chi come te vuole sperimentare in un genere con una storia così lunga e solida come quella del jazz? Trovi sempre apertura e voglia di qualcosa di nuovo o ti è capitato di trovare dei conservatori estremisti che non hanno capito o non hanno voluto capire le tue composizioni?
Il jazz è a livello storico/sociale simbolo di libertà espressiva e di comunicazione. Purtroppo al giorno d’ oggi le ideologie e i sentimenti mancano molto e di conseguenza ogni ambiente ha i suoi pro e i suoi contro, ed è per questo che cerco di non rimanerne vincolato. Io arrivo dalla tradizione e la approfondisco quotidianamente perché mi piace ed è fondamentale, ma amo anche esplorare. Ovviamente non pretendo che piaccia a tutti quello che scrivo e che suono come a me non piacciono molte cose, ma trovo molto stupido escludere qualcosa a priori (e non mi riferisco solo alla musica) perdendo così la possibilità di conoscerlo ed eventualmente apprezzarlo.
Lascio in ogni caso il giudizio di tutte queste cose agli altri. Io nel mio piccolo cerco di concentrarmi su quello che mi piace e che sento mi possa far star bene, e anche in questo caso non mi riferisco solo alla musica!