Cosa rende speciale una cantina?
C’è da chiederselo, in un periodo storico in cui la qualità media dei produttori è davvero alta.
E noi che osserviamo e raccontiamo il loro lavoro lo sappiamo bene: termini come biodiversità, soluzioni green e innovative, lotta integrata sono ormai (fortunatamente) tutt’altro che distintivi.
Però le situazioni uniche esistono ancora, quelle che un po’ ti emozionano e ti fanno vedere il vino come un piccolo miracolo, più che un prodotto.
Ecco, oggi vi parlo di Fabrizio Battaglino, di Vezza d’Alba: un padre generoso che mette al mondo, culla ed educa nel migliore dei modi i suoi molti “figli”, anno dopo anno.
Il grande lusso della personalità
Come dicevo, oggi a lavorare bene sono in molti; e questo, oltre a benedirci con un repertorio abbondante di etichette di livello crea una forte competizione nel turismo enologico.
È difficile scegliere, ogni zona ha le sue chicche e le sue perle nascoste… Ma quando si scava più a fondo c’è una cosa che non si compra e non si impara: la personalità.
Per personalità non intendo (o almeno non unicamente) quella dell’oste, che pur attraendoci e influenzandoci non cambia il sapore del vino.
Ogni collina ha il suo nome e viene vinificata in purezza, ogni etichetta racconta un terreno specifico.
Intendo la personalità del prodotto, l’abilità di raccontare nel calice quel che si valorizza nel vigneto; in ogni singolo vigneto.
Questo è sicuramente il primo punto a favore di Fabrizio: ogni collina ha il proprio nome e viene vinificata in purezza, così da mantenere i suoi tratti distintivi.
Fabrizio Battaglino non compra uva, non mischia nemmeno le sue, “non prende uva da destra e sinistra” come gli preme specificare, perchè ogni etichetta racconta un terreno specifico.
Il Roero, fratello ribelle delle Langhe
La personalità, quindi, dipende dal terreno, dall’esposizione, dall’età della vigna; ovviamente ci fa tanto la mano del produttore.
Quel che rimarca più volte Fabrizio durante la nostra chiacchierata però è che se lui ha così tanto a cuore i tratti delle sue vigne è proprio perchè è consapevole di trovarsi in un luogo, il Roero, che di carattere ne ha da vendere.
Al contrario delle Langhe, mi spiega, qui ogni versante è diverso da quello vicino e la differenza si percepisce chiaramente; motivo per cui durante la visita il produttore invita gli ospiti a scoprire e confrontare altre cantine vicine, proprio per rendersi conto di quanto sia ampio lo spettro anche nello stesso vitigno.
Le sue vigne, poi, poggiano su un terreno che è il prototipo ideale del Roero: ricco di sabbia, caratteristica che dona quell’eleganza e le note fruttate tipiche di questa zona.
I suoi due vini di punta, come potete immaginare, sono appunto il Roero DOCG “Colla” e il Roero Arneis DOCG “Bastia”. (“da provare!”, ndr)
“Io, con le mie vigne, ci parlo!”
Fabrizio Battaglino prende alla lettera la definizione di “cantina a misura d’uomo”: gli ettari sono 5, e non c’è l’intenzione di crescere perchè 5 sono gli ettari che può seguirsi da solo.
La vigna è entità viva: quando grandina viene presa a schiaffi… ma se ha cibo, acqua, sole e coccole ti dà in cambio frutti buoni.
Non ha personale, ogni scelta e ogni azione viene svolta da lui… gli unici “esterni” sono i ragazzi della cooperativa che lo aiutano a vendemmiare, ma anche in quel caso Fabrizio gli fa trovare l’uva pronta e diradata, così che non debbano fare altro che raccogliere.
Il suo rapporto con l’uva è, usando i suoi termini, viscerale: “Io con la mia vigna ci parlo, la accudisco”.
Perchè la vigna è entità viva (e qui dice una frase che mi colpisce): “quando grandina, ad esempio, è come se venisse presa a schiaffi; se invece ha da mangiare, da bere, se ne sta comoda al sole e viene coccolata, lei in cambio ti dà frutti buoni”.
E per finire, il nuovo “taboo” della barrique
Concludo con un altro elemento che distingue la cantina di Fabrizio Battaglino: per invecchiare usa solo barrique.
La barrique? Un cavallo vincente… ma da domare!
Sappiamo tutti che la botte piccola è nata come trend, e per qualche decennio ha goduto di una fama importante, specialmente nelle Langhe del Barolo; sappiamo anche che la sua fama è andata via via scemando, e che oggi viene quasi vista come un nemico pubblico.
Fabrizio, quest’opinione, la mette alla prova senza timore alcuno, e di seguito vi spiego il perchè.
Più il vino ha struttura, più il legno fa difficoltà a coprirne il carattere, e anzi ci collabora per arrotondare gli spigoli eccessivi.
La struttura dipende da molte cose, tra cui la densità dei grappoli e l’età della vigna; occupandosi personalmente di tutte le scelte tra i filari il produttore si sente certo di poter usare il legno a suo favore, utilizzando le barrique nuove per il Roero e quelle di secondo passaggio per i vini base, come il Nebbiolo.
Insomma, secondo Fabrizio la barrique è un cavallo vincente, ma da domare… Provare per credere!