Il tartufo è l’indiscusso protagonista della cucina albese, che è, per l’appunto, una cucina tipicamente autunnale.
Una cucina dai sapori forti e dai profumi intensi, accompagnati da nobili vini. E, su tutto, il tartufo: il profumo di una stagione.
Una cucina, quindi, che coinvolge e provoca i sensi, con quel retroterra di fantasie ammiccanti alle virtù afrodisiache del tartufo.
Virtù, su queste colline, date per certe.
Perchè i tartufi, queste “cite pugnà ‘d bej seugn” (piccole manciate di bei sogni), pur essendo mangiati crudi, sono fatti per riscaldare.
Riconoscere un buon tartufo
Come vi abbiamo spiegato nell’articolo “Tartufo e terroir: le Rocche del Roero”, il primo approccio è molto simile a quello che si ha con il vino: vista, olfatto, gusto.
Una differenza importante tra i due prodotti sta tuttavia nel tatto, inevitabile durante l’acquisto del primo.
Un buon tartufo deve risultare sodo.
La compattezza è il primo segno di un prodotto fresco e di qualità.
L’occhio vuole la sua parte, e dall’aspetto è possibile riconoscerne le caratteristiche di sviluppo, nonostante l’apparenza non influenzi in nessun modo il suo gusto.
Un peridio liscio e rotondo è facilmente collegabile a un terreno sabbioso, in cui la crescita non sia stata frenata, mentre invece le caratteristiche verruche assumono forme diverse in base agli ostacoli incontrati nello sviluppo (radici, massi, o terreni compatti).
Il profumo di un buon tartufo dev’essere dolce, senza interferenza di altri odori che possono ridurne il valore di mercato.
Portatelo al naso e percepitene il classico profumo terroso, umami.
Gustarlo al meglio
La cucina albese lo serve crudo: la cottura ne varia il gusto e riduce notevolmente i suoi profumi.
La regola principale dell’utilizzo in cucina è che deve essere il protagonista del piatto, non uno tra i tanti condimenti.
Nonostante durante la fiera le vie di Alba siano colme del suo profumo, che a molti appare estremamente forte, si tratta infatti di un ingrediente delicato, di conseguenza non abbinabile a piatti troppo saporiti.
Squisito sui cibi caldi e con sughi leggeri; ideale sulla fonduta, con tajarin rigorosamente burro e salvia e sui risotti alla piemontese; superbo sulla carne cruda all’albese e sull’insalata di funghi porcini ed ovuli reali.
Il modo migliore per percepirne a pieno le caratteristiche è tuttavia grattato sull’uovo al tegamino, che con la sua rotondità lo accompagna, rendendolo il gusto principale.
Vi consigliamo di non abbinarlo a piatti speziati o acidi, per il resto sbizzarritevi.
Chiaro, con un valore tale si tende ad andare sul sicuro con i piatti della tradizione, ma per gusti nuovi e interessanti vi suggeriamo l’abbinamento al pesce crudo, la capasanta per esempio, al timo, unica spezia in grado di esaltarlo il giusto e a una buona toma di Langa, non troppo stagionata.