Edoardo Baima, classe 1987, è nato e cresciuto ad Alba. Da qualche anno risiede a Torino, dove studia filosofia, rimanendo legato al territorio d’origine per motivi lavorativi ed artistici. Edoardo è conosciuto sopratutto per la sua carriera come musicista, milita infatti nel trio Io monade stanca, band che vanta diversi tour europei e la produzione di tre album distribuiti a livello internazionale. Baima ha recentemente partecipato ad un progetto europeo con un video-documentario che vede anche l’inserimento di musiche proprie realizzate con i “suoni della città”.
Com’è nata l’opportunità di intraprendere questo progetto? Come si è strutturato il percorso? Avevi delle linee guida oppure hai realizzato tutto seguendo la tua fantasia?
Ho colto l’opportunità di partecipare ad un progetto europeo. Il progetto prevede la creazione di una piattaforma online sulla quale pubblicare contenuti di rilievo culturale, politico o artistico provenienti da individui o gruppi non professionisti di diversi paesi (ad es. Albania, Germania, Spagna ed Italia): Cittadini europei che scambiano cultura. La piattaforma si chiama Share Culture TV .
Inoltre ho seguito una settimana di formazione che si è svolta a Malta qualche mese fa nella quale ho imparato alcune basi teoriche e pratiche per la produzione di contenuti multimediali. Detto questo poi ogni partecipante ha usato la propria fantasia per contribuire al progetto secondo la propria sensibilità e i propri interessi.
Dove sono state fatte le riprese? Qual’è il significato che caratterizza e accomuna i due video?
Le riprese sono state effettuare a Torino presso il Parco del Valentino e al monte dei Cappuccini.
Chi abita in città si trova il più delle volte a subire passivamente i suoni della città. Prendendo ad esempio il rumore del traffico urbano, esso ormai fa parte di un tappeto uditivo che non emerge alla coscienza del cittadino. Ho voluto trasformare questo sottofondo grigio per un verso, così come dall’altro ho cercato di far emergere quei suoni che normalmente vengono coperti, ad esempio alcuni versi di animali nel parco, o lo scorrere delle fontane.
Le chitarre e il resto degli arrangiamenti sono venuti fuori immediatamente osservando le immagini delle riprese video da cui mi sono ispirato.
Parliamo dell’aspetto più tecnico: con quali mezzi hai effettuato le riprese e con quali invece hai registrato l’audio? In quale modo hai poi lavorato in post produzione?
Ho effettuato le riprese video prendendo in prestito l’attrezzatura e facendomi aiutare da Isobel Blank (anche lei presente sulla piattaforma Shareculture.tv con due lavori). Per quanto riguarda l’audio, ho registrato usando un campionatore e sfruttando il suo microfono interno. I campioni provengo effettivamente dalle sessioni filmate, cosa che mi ha permesso di mettere in sincronia audio/video alcune parti. Una volta effettuate le riprese è cominciato il lavoro di selezione, piuttosto lungo. Ho scremato a partire da circa un’ora di audio e una di video. Poi ho pulito i campioni, li ho tagliati e resi suonabili. Ho montato poi la parte video prima di comporre la colonna sonora perché mi piaceva l’idea che avesse un certo senso anche per chi non può ascoltare. Con la sequenza di immagini completata ho poi costruito sopra la colonna sonora, risuonando i campioni presi e incidendo materiale originale. Poi ho mixato e fatto il master. Tutto il lavoro di post produzione è stato fatto usando il mio computer portatile quasi scassato. Sono contento di aver lavorato con mezzi limitati perché ciò mi ha fatto spremere le meningi per ottenere quello che volevo e trarre il massimo da ciò che avevo a portata di mano.
Come avresti organizzato e strutturato lo stesso tipo di lavoro su un territorio come quello da dove arrivi ovvero le Langhe? Riusciresti ad immaginarti il risultato?
Mi ispira il suono del linguaggio, del dialetto. Penso che andrei per paesi e campionerei le parlate. Potrei fare una sessione nel mentre di una camminata nei pressi di San Bovo, in alta Langa, dove ogni tanto vado a camminare. Cercherei di documentare la vita nei paesi piccoli, le borgate rimaste ferme a un tempo precedente. Queste hanno un ambiente sonoro meno complesso e rumoroso rispetto a quello cittadino. E’ calmo e naturale. In fase di post lo lascerei così, sospeso e di lieve presenza, lento, semplice il più possibile. Questo perché è di per sé originale e raro, ed è parte di ciò che viene cercato quando si visitano questi luoghi o si decide di venirci ad abitare.