Letture golose

Il Roero DOCG una chiacchierata con i produttori (vol. 2)

Marzo 15, 2024
La raccolta dei grappoli è svolta manualmente

Continuiamo il nostro percorso enologico dedicato al Roero DOCG!

Molte sono le voci che hanno voluto parlarci di questo vino in continua scoperta, della trasformazione dell’uva nebbiolo e delle continue sfide legate a esso.

Quindi, in questo secondo volume, proseguiamo il cammino con Nadia dell’Azienda Agricola Demarie di Vezza d’Alba, Alessandro Bovio di Le More Bianche di Magliano Alfieri e Alfredo Falletti di Malabaila di Canale.

Che tipo di vino è secondo te?

Alfredo — Il nostro è un Nebbiolo in purezza. La vigna si chiama Castelletto ed è stata acquistata dalla famiglia Malabaila nella metà del 1300. Dalle sue uve ne deriva il nostro vino più longevo, che affiniamo per due anni e che risulta bevibilissimo anche dopo 20. Austero e importante.

Panchina vezza - panorama
Panorama dalla panchina di Vezza d’Alba

nadia — Noi produciamo il Roero Riserva, che da disciplinare ha un affinamento più lungo rispetto al Roero DOCG classico: affina in barrique per circa 18 mesi – anche se questo tempo varia da annata ad annata. Ha sentori molto marcati, di cioccolato, tabacco, vaniglia, quindi più speziati e forti rispetto a un Roero che affina in botte grande.

ALESSANDRO — Parliamo di uve nebbiolo, quindi anche questo è un vino importante, da invecchiamento, con tannini spiccati. Affina un anno e mezzo in botte di rovere e un anno in bottiglia, per cui è piuttosto pronto per la beva. Al naso ha sentori di frutta matura, affiancati a un leggero legno che completa il bouquet.

Perché ti piace?

alfredo — Perché grazie a un invecchiamento ben fatto, ha aromi e tannini molto piacevoli.

nadia— A me piace particolarmente per la sua “corposità” senza essere pesante da bere. E’ molto elegante e non impegnativo, nonostante abbia una bella struttura.

ALESSANDRO— E’ sempre un gran vino, capace di regalare emozioni che crescono man mano che passa il tempo.

Con cosa lo abbini?

alfredo — Con piatti mediamente importanti, molto gustosi e sostanziosi, per evitare che questo vino così deciso ne copra i sapori. Qualche esempio? Il brasato o i formaggi tipo Castelmagno, mi piace anche molto con i primi conditi con il sugo di salsiccia o di fegatini.

nadia — E’ molto indicato per le grigliate, o da abbinare a un buon filetto. Volendo, anche un primo con un buon sugo di carne ci starebbe bene.

Durante la bella stagione la degustazione è condotta anche sotto le fronde del gelso secolare
La degustazione all’aperto a Le More Bianche

ALESSANDRO — Con un bel piatto di carne, sicuramente, ma anche con dei primi con sughi a base carnosa, impegnativi e importanti. E’ un vino capace di amalgamarsi, grazie al fatto che sgrassa molto bene il palato.

Che differenza c’è tra quello normale e il Riserva?

alfredo — Il Roero DOCG riposa non più di un anno e mezzo in legno: è comunque un vino importante, ma, affinando meno, è sicuramente più facile rispetto al Riserva. Attualmente stiamo vendendo l’annata 2020.

Il Riserva affina più a lungo, perciò è più austero e risulta più rotondo e con tannini più morbidi.

ALESSANDRO — Da disciplinare, il Riserva fa un anno di invecchiamento in più, e spesso si sceglie di utilizzare le uve di vigne più vecchie per produrlo. Rispetto al Roero DOCG ha maggiore struttura e persistenza.

Che differenza c’è secondo te fra il Roero e gli altri grandi vini a base nebbiolo (Barolo e Barbaresco)?

alfredo — Come tempi di invecchiamento si avvicinano molto, cambia un po’ la struttura dei tannini a livello di piacevolezza e importanza.

Il nostro terreno più sabbioso e giovane, rispetto a quello antico e marnoso delle Langhe, sicuramente influisce su queste differenze.

nadia — Barolo e Barbaresco sono corposi e strutturati. Il Roero DOCG è più delicato. Questa particolarità è data senz’altro dal terreno: più sabbioso nel caso del Roero, più pastoso nel caso delle Langhe.

La sala degustazione a Malabaila
La sala degustazione a Malabaila

ALESSANDRO — Parliamo sempre di vino a base nebbiolo, però il terreno dà la sua impronta. Nel Roero avremo un vino fresco e fruttato, un po’ più snello rispetto a un Barolo o un Barbaresco.

Sono tutti grandi vini da invecchiamento, ma sicuramente il fattore territoriale fa emergere sentori più eleganti nel Roero.

Quali sono le difficoltà che incontri nella lavorazione e nella coltivazione delle uve? E nel processo di vinificazione? E sul mercato?

alfredo — Il nebbiolo in questa zona è molto conosciuto, quindi sappiamo più o meno a cosa andiamo incontro. Da un’annata all’altra cambia sempre qualcosa, ma riusciamo a destreggiarci abbastanza bene dopo moltissimi anni di produzione.

Il clima di questi due anni è stato una sfida, e lo sarà anche in futuro: abbiamo già modificato il metodo di produzione: lasciamo l’erba nel terreno, togliamo pochissime foglie e ombreggiamo il più possibile sia il filare che le uve, così che la maturazione avvenga al meglio.

Per quanto riguarda la gradazione alcolica, non abbiamo notato un aumento considerevole, ma ci sono alcuni componenti del grappolo d’uva che cambiano un pochino, come la struttura dei tannini e degli antociani.

Il mercato, invece, sta aumentando, ogni anno raggiungiamo qualcuno in più perché i vini importanti sono sempre più apprezzati.

Nadia — Il Barolo e il Barbaresco sono più conosciuti, e quindi commercializzati più facilmente, mentre il Roero è meno noto e noi produttori stiamo cercando di promuoverlo (chi lo assaggia rimane sempre piacevolmente stupito dalla sua bontà).

Nella lavorazione, in linea generale, il nebbiolo è un tipo di uva che, rispetto alla barbera per esempio, è più difficile da coltivare: si adatta con più difficoltà al terreno e bisogna studiare più approfonditamente l’impianto. La sua vinificazione, invece, dipende dalla qualità dell’uva delle varie annate.

Demarie - Degustazione guidata
Degustazione guidata da Demarie

ALESSANDRO — Tutto dipende dalle annate: è facile gestire una vigna con un terreno sabbioso, ma ora che le piogge sono state scarse, lo stress idrico costituisce un problema serio, che si ripercuote anche sulla vinificazione delle uve. Per cercare di mitigare questo problema, per esempio, manteniamo il terreno inerbito.

Sul mercato, il Roero DOCG sta facendo ancora la sua strada: è un vino di grande potenzialità, ma ritengo che stia iniziando a essere apprezzato solo ora. Anche all’estero ci sono persone che stanno imparando a conoscerlo e questo è anche merito del Consorzio, che sta facendo un ottimo lavoro in questo senso.

Ci sono molti giovani produttori che si stanno impegnando molto a livello comunicativo e questo è un segnale estremamente positivo.