Un antico manoscritto svela le ricette del settecento in Piemonte alla corte del Re di Sardegna
Verso la meta di giugno, in un pomeriggio di fine primavera, sono stato invitato a visitare la sede della società studi storici della provincia di Cuneo, che si trova nello stesso edificio della biblioteca civica a Cuneo. A differenza delle affollate sale della biblioteca, le poche stanze assegnate alla società studi storici sono invece troppo poco frequentate. Le piccole finestre illuminano scarsamente una sala colma di libri che raccontano pezzi del territorio dal punto di vista storico ed artistico.
Chiacchierando con il sig Bruno Lubatti, che settimanalmente apre al pubblico questa piccola biblioteca nella biblioteca, sono stato attirato da un sottile libretto giallo con una copertina in cartone dal titolo “Le confetture di Sua Maestà” ricettario piemontese del XVIII secolo. Un libro di ricette dedicato alle confetture ed all’arte dolciaria, redatto da un anonimo professionista del settore, in pratica un ricettario settecentesco arrivato fino a noi in forma di manoscritto e pubblicato nel 2002.
Il piacere della tavola ha per me un’attrazione immediata, non solo per l’aspetto puramente godereccio del “mangiare” ma anche per la curiosità di indagare come la comune attività di cibarsi si sia modificata e poi fissata in quella diverse tradizioni che crediamo immutabili nel tempo.
E’ naturale pensare che la cucina abbia radici lontane, meno banale immaginare che ciò che mangiamo sia frutto di prove, esperimenti e innovazioni che nei secoli si fissano e diventano tradizione.
La percezione di questo passato è però spesso avvolta in un tempo indefinito che rimanda, senza troppi agganci cronologici ed interrogativi storici, alle nonne, alle vecchie zie o alle trisavole alle prese con strani fornelli in cucine certamente diverse dalle nostre.
Imbattersi in un libro di ricette della fine del ‘700 che ha organizzazione e struttura interna simile a quelli d’oggi, ci obbliga ad immergerci nella storia attraverso il senso del gusto.
Qualunque piatto è frutto di raffinati procedimenti che dalla materia prima grezza trasformano qualcosa di genericamente commestibile in una pietanza gustosa che non si limita ad essere semplice nutrimento. Quei procedimenti hanno regole precise che, chi li elabora, ad un certo punto sente il bisogno di fissare. Questo vale ancora di più quando si parla di zucchero e dolci.
Si scoprono così, scorrendo le circa cento pagine, una infinita varietà di marmellate, conserve di frutta e gelatine ai fiori oltre che ai vini aromatizzati, alle “aque” di gelsomino, di ciliegie, di cannella o d’anice fino alle creme di latte, pistacchi, mandorle e di “cittroni”. Un mondo di gusti e profumi lontano dal nostro, ma che ci viene facile evocare.
Eccone uno tra i tanti esempi.
Confetture liquide al zucaro
Cerase (ciliege ndr) liquide
Pigliate due libra di zuccaro, fattelo cuocere a cottura di conserva [modo di trattare lo zucchero a seconda della temperatura Ndr], dopo pigliate libbre quattro cerase, a’ quali taglierete la metta della coda, poi le gettarete dentro del detto zuccaro seguitando a farlo cuocere a fuoco lento, le quali essendo cotte a buona consistenza metterete ne vasi per li bisogni “
Al di là della reale riproducibilità di queste ricette da parte di non specialisti del settore, ci piace pensare che qualche cosa possiamo ancora pescare da quell’infinito mondo alla cui base sta lo zucchero. Proprio questa principale materia prima apre il ricettario. L’anonimo autore mette in guardia sul fatto che l’arte complessa di gestire lo zucchero, esige trattamenti diversi in relazione alle temperature di lavorazione che variano di pochissimi gradi. Ancor più affascinante diventa allora la lettura: immaginandoci nel settecento siamo costretti a spogliare la nostra cucina delle tecnologie e dei controlli di cui oggi disponiamo. Quel pasticcere diventa un artigiano che si destreggia tra il fuoco e il raffreddamento veloce, tanto quanto un mastro vetraio, un ceramista o un orafo. Il pasticcere diventa così un artista le cui opere effimere non sono potute arrivare ai nostri giorni, ma ne conserviamo la memoria tramite le ricette scritte.
La pubblicazione, nonostante i nostri voli pindarici, è un serio lavoro storico di pubblicazione di un manoscritto inedito di proprietà della famiglia Nicola di Aramengo d’Asti. Edito dalla Società studi storici della provincia di Cuneo e da l’Associazione Amici di Bene-Onlus con la collaborazione di Slow Food Editore. Il testo che trascrive tutte le ricette è curato da Maria Gattullo che, con Silvano Serventi studioso di storia dell’alimentazione, prova a datare il manoscritto e a tratteggiare la figura dell’ignoto autore che si definisce “ Confitturiere di Sua Maesta Sarda”.
Le confetture di Sue Maestà, ricettario piemontese del XVII secolo, a cura di Maria Gattulo, introduzione e glossario di Silvano Serventi, Bra 2002, 104 pagine.