Non so se è capitato anche anche voi, ma tra i banchi della mia scuola elementare succedeva che qualche nonno passasse in classe e ci raccontasse della sua vita di bambino. Racconti di campagna, a volte racconti di guerra, racconti di vita vissuta, spesso racconti di povertà condivisa. Così, quasi come una leggenda, è nato dentro la mia testa di bambina il mito dell’acciuga.
Mentre il nonno di turno raccontava, disegnavo con la mente una grande tavolata, un ambiente caldo e rustico, dove la famiglia si riuniva dopo le fatiche quotidiane, pronti a consumare l’ennesima cena frugale, infatti in tavola, come spesso accadeva, arrivava un bel paiolo di polenta fumante. Polenta oggi, polenta domani, tutti i giorni polenta e io mi immaginavo la tristezza e la noia di mangiare sempre la stessa cosa. In fondo al tunnel della monotonia gastronomica però, ogni tanto, arrivava l’acciuga. Io non so se succedeva davvero così o se la mia immaginazione di bambina ha lavorato un po’ troppo, ma mi ricordo che i racconti (di estrema povertà) prevedevano ad un certo punto l’entrata in scena dell’acciuga, un vero e proprio coup de théâtre: un’acciuga veniva appesa al soffitto e fatta penzolare beata sulla tavola dei commensali, e allora tutti giù a sfregare la fetta di polenta all’acciuga per cercare di dare un sapore nuovo e una nota di colore al solito piatto.
Poi sono cresciuta, il cibo e la sua storia sono diventati fonte di curiosità, e il tarlo dell’acciuga sospesa mi è sempre rimasto. In casa mia non manca mai, finché c’è un’acciuga c’è speranza.
L’acciuga ha un fortissimo legame con le colline della Langa, è la regina di moltissimi piatti della tradizione piemontese, ma come ha fatto l’acciuga che viene dal mare ad arrivare alle nostre colline? La risposta è semplice e molto affascinante, l’acciuga è passata dalle montagne.
La storia a questo punto vi potrà sembrare alquanto bizzarra e confusa, ma c’è un comune denominatore che lega il tutto: il sale.
Ci sono molte leggende e poche certezze riguardo la strada che ha compiuto l’acciuga, quello che possiamo fare è ipotizzare e ricamare un po’ sui racconti e le credenze popolari. C’è stato un tempo in cui il sale era un bene di lusso, di conseguenza molto caro e soggetto ad imposte e dazi. Questo ha favorito un commercio parallelo e di contrabbando. Si ipotizza che, per nascondere il prezioso carico, i “venditori” porta a porta di sale coprissero il barile di oro bianco con un’abbondante strato di acciughe. Strato dopo strato le acciughe hanno incominciato ad avere molto successo e complice l’abbassamento dei prezzi del sale sono diventate delle vere e proprie protagoniste.
Ma chi portava le acciughe e quali strade percorrevano lo scopriremo più avanti raccontando l’incredibile ed eroica impresa degli anciuè (acciugai), ripercorrendo almeno in parte la via del sale e preparando insieme qualche golosa ricetta.
Se anche voi come me siete appassionati di acciughe e avete nel cassetto qualche ricetta da condividere potete inviarla via email a info@langhe.net (verrà pubblicata nella sezione di ricette di Langhe.net). In più in questi giorni c’è anche un contest sull’acciuga organizzato dall’Ente Turismo Alba Bra Langhe e Roero: tutte le info a questo link.
Crediti foto: Corrado Morando – Askya