In occasione della Festa della Donna pubblichiamo una nuova puntata della nostra rubrica omaggio alle grandi donne delle Langhe: sia quelle il cui nome è noto, che quelle invece che agiscono “di nascosto”, e che si sono dovute ritagliare il loro posto nel mondo in momenti particolarmente difficili.
Donne del vino, la voce delle produttrici di Langa, Roero e Monferrato
“Le Donne del Vino” vuol essere una rubrica che dia voce, volta per volta, a una figura femminile dell’enologia e viticoltura di Langhe, Roero e Monferrato. Una donna scelta per tenacia, coraggio, che a nostro parere abbia qualcosa da insegnare.
Quanto è ancora maschile il mondo del vino? Rimane ancora traccia, in qualche modo, dei “ruoli” del passato? Senza conoscere la risposta, ma con l’interesse di porre la domanda, intervistiamo alcune delle donne più conosciute di questo settore.
La famiglia Pelissero è nel mondo vitivinicolo dal 1921, quando nonno Francesco acquistò la Cascina dove oggi risiede l’azienda e i primi vigneti: si può dire che Daniela è cresciuta tra i filari.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lei per farci raccontare qualche aneddoto, ne abbiamo approfittato per curiosare nella sua vita professionale, alla scoperta di soddisfazioni e difficoltà nello svolgimento dei propri compiti in azienda.
Sei sempre stata a Grinzane Cavour? Quando hai scelto di entrare, o meglio rimanere, nel mondo del vino?
DANIELA – Sono nata e cresciuta qui, ho sempre pensato che anche il mio domani sarebbe stato in questa zona, tra queste colline. Sono l’unica femmina di tre figli e sono la sorella maggiore.
Ho studiato qui e mi sono sposata a Grinzane Cavour 35 anni fa, lavorando sempre in azienda. Parallelamente al lavoro in famiglia ho sviluppato un’attività nel campo del trattamento dell’acqua per piscine e irrigatori. Oggi la maggior parte del mio tempo lo dedico alla cantina.
Sono sempre stata in questo mondo, quella dei miei genitori era la seconda generazione, io rappresento la terza.
Una volta i nonni vendevano damigiane e le uve, poi con il tempo abbiamo iniziato la produzione in bottiglia, proprio nel periodo in cui sono entrata anch’io. C’era bisogno di supporto perché le vendite aumentavano.
Oggi mi occupo di tutto quello che potremmo definire “reparto vendite“: seguo l’attività dell’enoteca, gli ordini e le spedizioni, la contabilità, l’amministrazione e naturalmente i clienti e le degustazioni.
Come ti vedi nel futuro e come vedi il futuro dell’azienda?
DANIELA – Lo vedo qui. Darò il mio supporto in famiglia fino a quando sarò nelle condizioni di poterlo fare, esattamente come ha fatto mia madre e come continua a fare mio padre Sergio, che a 88 anni affascina ancora tutti i turisti che passano in enoteca con le sue interessanti storie delle Langhe del passato.
Anche i miei figli Luca e Francesca pensano al loro futuro qui: Luca ha fatto la scuola enologica ed è pienamente coinvolto nel mondo del vino e Francesca ha studiato management in lingua inglese. Al momento entrambi stanno facendo altro ma danno il loro aiuto e un giorno, quando i tempi saranno maturi, porteranno avanti quello che la nostra famiglia ha iniziato tre generazioni prima.
Per restare in tema: anche tua mamma e tua nonna immagino avessero un ruolo importante in cantina. Hai un ricordo o un aneddoto al quale sei particolarmente legata?
DANIELA – Mia madre era coltivatrice diretta e infatti l’azienda porta ancora il suo nome. Io mi sono dedicata da subito dell’enoteca e quindi all’aspetto vendita, mentre lei si occupava appunto della cantina.
Le persone che, come me, hanno vissuto la vendemmia in quegli anni, avranno sicuramente dei ricordi bellissimi di convivialità e gioia, anche se la fatica, proprio come oggi, si faceva sentire eccome.
Ricordo bene quando da ragazza, avevo intorno ai 14-15 anni, vendemmiavamo insieme. Era novembre e c’era sempre una nebbiolina la mattina presto tra i filari. Parliamo di una cinquantina di anni fa.
Se chiudo gli occhi riesco ancora a vedere mia nonna, che con il suo grembiulino veniva nelle vigne a portarci il classico panino col pomodoro e l’aglio per la merenda. In quel periodo anche i più piccoli passavano le giornate nei vigneti a giocare.
Qual è l’aspetto più gratificante del tuo lavoro? In cosa è cambiato negli anni?
DANIELA – Sicuramente lo stare a contatto con le persone è l’aspetto più bello e soddisfacente del mio lavoro. I clienti diventano molto spesso amici, alcuni passano a trovarci tutti gli anni.
Avere a che fare con persone che arrivano da tutto il mondo ti offre l’opportunità di comprendere continuamente la ricchezza del luogo in cui viviamo, attraverso gli sguardi appassionati di chi è felice di aver scoperto qualcosa di unico.
Un altro grande cambiamento che ho notato negli ultimi anni è la preparazione dei clienti: chi varca la porta dell’enoteca sa che cosa aspettarsi.
Rispetto ai cambiamenti, naturalmente il più grande è legato alla comunicazione e ai mezzi che abbiamo oggi a disposizione: ormai chiudo tanti ordini e tengo i contatti con i clienti tramite WhatsApp. Abbiamo degli strumenti che quando ho iniziato non avrei mai immaginato di poter utilizzare e oggi rappresentano il mio pane quotidiano.
Ci sono delle difficoltà o addirittura discriminazioni nell’essere donna che opera nel mondo del vino oggi?
DANIELA – Questo è un mondo che per tradizione è maschile e sono felice che la tendenza stia cambiando. Ci sono sempre più donne a occuparsi di produzione e vendita di un prodotto d’eccellenza che nella donna trova un ottimo ambasciatore.
Non si tratta mai di mancanza di fiducia, più che altro di una certa diffidenza, retaggio di tempi ormai passati.
Non credo che ci siano discriminazioni oggi ma qualche difficoltà ancora c’è.
Sono molto fortunata ad avere mio papà ancora attivo e vicino a me, ma ogni tanto non è semplice riuscire a far accettare delle iniziative o farsi prendere sul serio, quale figlia e donna. Tuttavia non si tratta mai di mancanza di fiducia, più che altro di una certa diffidenza, retaggio di tempi ormai passati.
Quasi sempre a conti fatti però, siamo tutti contenti e soddisfatti.
Grazie per il tuo tempo Daniela. Hai qualcosa da dire alle future Donne del Vino?
DANIELA – Sicuramente il messaggio che posso dare loro è di credere in quello che fanno, perché chi vive in questo territorio ha una fortuna immensa che non tutti hanno: è importante riconoscere che ci troviamo in un paradiso quando siamo nelle nostre cantine e abbiamo dei diamanti tra le mani.
Chi, come me, ha l’opportunità di prendersi cura di ciò che è stato costruito con fatica e dedizione dai propri nonni e bisnonni deve esserne riconoscente e consapevole di avere avere davanti a sé una strada bellissima da percorrere.
Certo bisogna lavorare, non farsi abbattere dalle difficoltà e impegnarsi tanto e quotidianamente, ma insieme alla stanchezza arrivano soddisfazione e gratificazione.