Alfredo Currado si è diplomato enologo in Alba nel 1973.
Inizialmente ha lavorato presso le cantine Coppo a Canelli, in seguito svolse attività di consulente vitivinicolo.
Nel 1960 alla morte prematura dello suocero assunse la carica di responsabile tecnico delle cantine Vietti di Castiglione Falletto.
Ha collaborato con enti e istituzioni varie, contribuendo in tal senso alla valorizzazione dei vini albesi e del loro territorio di origine.
È mancato nel 2010.
Il racconto della moglie Luciana Vietti
Mio marito Alfredo, enologo, negli anni ‘60 del secolo scorso cercò di produrre qualche nuovo vino per superare la crisi allora esistente in Langa.
Su vecchi libri trovò un vitigno, il Ruchè e lo vinificò nella tipologia novello, ma non funzionò.
Trovò anche qualche citazione di Arneis, ma dove reperire l’uva?
Nella valle dei Lunghi di Santo Stefano Roero finalmente trovò qualche vite, qua e là, chiamata Nebbiolo bianco.
Andò a parlare al parroco di Santo Stefano Roero, il quale mostrò interesse e nell’omelia domenicale disse ai parrocchiani: “chi ha Nebbiolo bianco lo porti al peso domani, un produttore albese lo compera”.
Il giorno seguente al peso di Santo Stefano arrivarono 47 contadini con i cestini, chi a piedi, chi a cavallo, ma con poca uva.
In totale pesò 12 quintali di arneis.
Caricata su un camioncino, la trasferì a Castiglione Falletto.
Il primo Arneis in purezza
Era il 15 settembre del 1967, la prima vinificazione dell’Arneis in purezza.
Mio marito mancava di esperienza riguardo alla lavorazione dei vini bianchi, infatti la prima vinificazione la condusse “in rosso”: pigiatura con diraspatura, fermentazione con le bucce.
Dopo pochi giorni effettuò la svinatura e proseguì la fermentazione del mosto in un piccolo recipiente di legno di circa 7 hl.
A fine fermentazione travasò il vino.
In primavera seguirono filtrazione, chiarificazione e imbottigliamento.
Usò renane con etichetta “Arneis valle dei Lunghi” e scatole da 12, per una produzione totale di 1000 bottiglie.
Alfredo aveva ottimi rapporti con Luigi Veronelli per il Barolo cru “Rocche” di Castiglione Falletto.
Inviò un cartone, l’Arneis piacque moltissimo a Veronelli, che lo recensì sul settimanale Panorama: un vino dal nerbo viperino, scrisse fiorale, fruttato fresco acido vibra come la coda di una vipera.
Con l’articolo crebbe l’interesse, iniziò l’avventura dell’Arneis.
L’anno seguente (1968) inizia la collaborazione con Gonnella, un mediatore d’uve di Santo Stefano Roero, e crescono i fornitori di uva.
Andiamo avanti con entusiasmo: dalle 1000 bottiglie del 1967 oggi siamo, dopo quasi mezzo secolo, sulle 35.000 bottiglie di Arneis docg.
All’inizio dava un po’ fastidio che un barolista cercasse uva nel Roero, ma mio marito era un Don Chisciotte, cercava sempre vitigni rari.
Diceva che per fare il vino occorre molto cuore e un po’ di pazzia.
Tutti gli articoli della serie “Arneis: gli inizi in cantina”
Arneis: gli inizi in cantina #1 – Introduzione
Arneis: gli inizi in cantina #3 – Umberto Ambrois
Arneis: gli inizi in cantina #4 – Sergio Battaglino e Bruno Giacosa