La Bonarda è un vitigno del Piemonte dal quale si ottiene il vino DOC Piemonte Bonarda la cui produzione è consentita nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo.
Detta anche Bonarda di Chieri o Bonarda del Monferrato, viene spesso confusa con l’uva Croatina coltivata in Lombardia ed Emilia dalla quale si ottengono rispettivamente l’Oltrepò Pavese Bonarda e il vino Colli Piacentini Bonarda.
Vini diversi dunque, quello Piemontese rispetto a quelli Lombardi o Emiliani, anche se omonimi, visto il differente vitigno dal quale provengono.
La Bonarda in Piemonte è coltivata prevalentemente nelle province di Torino e Asti, ma è presente anche nel Pinerolese, in Valsusa, nel Canavese e nel Novarese.
Il vitigno ha un germoglio bianco-verdastro con tratto apicale interamente rosso.
La foglia è di media grandezza, cuneiforme-pentagonale, più larga che lunga, spesso priva di lobi, ma a volte ne ha tre o cinque.
Il grappolo è medio-grande o grande, leggermente spargolo, con due o tre ali; acino medio-piccolo, ellissoidale, di colore blu-nero, con abbondante pruina sulla buccia.
Ha notevole vigoria e buona fertilità, con qualche raro caso di acinellatura. Predilige potatura mista (guyot) ma si adatta anche a quella corta. I terreni migliori sono quelli argillosi, non molto fertili.
Il colore del vino che si ottiene è rosso rubino intenso, con profumo fruttato e sapore secco con media struttura.
Vino tutto pasto si abbina con gli antipasti piemontesi, primi piatti e secondi di carne anche bianche.
Temperatura di servizio: 14-16 gradi.
Storia
Le origini risalgono alla seconda metà dell’800. Ne parlano noti ampelografi, come Demaria e Leardi nel 1875, Di Rovasenda in un saggio del 1877 e Molon nel 1906.
Il nome si ritiene etimologicamente legato alla val d’Arda, valle di confine tra Parma e Piacenza, zona dei colli Piacentini. Vi sono evidenze della cultura della vite nella zona sin dai tempi della vesta Romana.
Si ritiene che nella zona di Rovescala (Oltrepò Pavese) fosse presente sin dal Medio Evo.
La sua notevole resistenza all’oidio ne favorì la diffusione in tutto l’Oltrepò e nel Novarese, a scapito di vitigni di più eleganti e di qualità, ma più delicati alle avversità come la Vespolina, il Nebbiolo (Spanna) e la Moradella.
Immagine tratta da Ampelografia Universale Storica Illustrata, L’Artistica Editrice.
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