Arte e cultura

Dicembre 1944 la lunga attesa delle Langhe

Dicembre 23, 2024

L’inverno del 1944-1945 è gelido nelle Langhe, il fuoco del camino non basta a riscaldare le giornate pungenti di dicembre. La speranza di un trionfo primaverile da sola non può ravvivare lo spirito di chi ha visto i propri compagni perire a decine.

I partigiani qui sono ancora tanti, ma non numerosi come furono durante quella memorabile estate. Ora, mentre l’anno muore, la gioia, l’adrenalina, la ormai quasi tangibile certezza di un futuro nuovo sembrano lontane. 

La speranza di un trionfo primaverile da sola non può ravvivare lo spirito di chi ha visto i propri compagni perire a decine.

Che cosa ne è stato degli Alleati e della loro impetuosa discesa dalla Normandia? Non è forse tempo di mettere fine a questo logorante conflitto? Quando i nazifascisti si arrenderanno all’evidenza della loro sconfitta? Quanti altri compagni dovranno morire? E perché se la vittoria è inevitabile, tarda sempre ad arrivare?

La memorabile estate del ‘44

La stagione estiva del 1944 si apre con il D-Day, lo sbarco in Normandia. Il caldo sull’Europa quell’anno non arriva dal sole, ma dalle ventose spiagge del nord. 

Per i partigiani d’Italia sono buone notizie. Gli Alleati, fino ad allora in risalita dal Meridione, hanno esitato a dare il loro sostegno ai soldati del CLN e a tutti i gruppi autonomi che cercano la libertà. A quanto pare temono il loro interesse per la politica e i loro orientamenti troppo schierati. Ora, forse, la volontà di una liberazione più rapida ed efficace aiuterà la causa partigiana. 

Formazione Langhe – Foto di Donato Nicola Rizzo

Tedeschi e repubblicani tengono duro, ma i partigiani delle Langhe e del Piemonte tutto sono in crescita, e le loro bande sempre più reticolate nel territorio. L’estate è offensiva aperta, è guerriglia, è slancio contro il nemico che li ha fatti patire duramente nei mesi invernali e che si è vendicato contro i civili. Perché si sa, i partigiani delle valli sono tanti e onnipresenti, ma scarsamente strutturati. D’estate, quando rifornimenti e approvvigionamenti sono più agili, prevalgono. D’inverno il nemico è favorito, più vicino alla maglia economica, politica e sociale del territorio. 

L’estate con le sue vittorie rinvigorisce i partigiani, li rende più disciplinati, li specializza. Il leggendario maggiore dei reparti autonomi Enrico Martini “Mauri”,  comandante del 1º Gruppo Divisioni Alpine, li guida e sembra dirigerli verso un rapido trionfo. È convinto che presto si festeggerà a Torino, quando tutto il Piemonte sarà liberato. È tempo allora di puntare a obiettivi più ambiziosi, di spingere la Liberazione un passo oltre, uno che fino a poco prima pareva irraggiungibile. 

Autunno 1944, la stagione delle zone libere

L’estate si chiude mentre la Resistenza piemontese è al suo massimo splendore. In alcune aree è già calante, ma non nelle Langhe, dove l’impeto non si arresta. Crescono le zone libere, quelle dove i nazifascisti hanno perso il controllo. Il territorio delle Langhe respira, il nemico arretra, gli Alleati avanzano

Enrico Martini “Mauri” e i suoi autonomi guardano ad Alba, vogliono occuparla. È il cuore pulsante delle valli, ed è tempo che i partigiani pensino alla politica, ad amministrare i comuni, perché presto non vi saranno più gli invasori a occuparsene. Ed è così che il 10 ottobre inizia la breve parentesi della Repubblica di Alba, poi resa eterna dallo stile anticonformista di Beppe Fenoglio

Ma è solo un sogno, un bagliore di libertà anticipata. I partigiani non possono tenere le città, né Alba né le altre che hanno faticosamente occupato. Con la guerra nel cuore, l’amministrazione non trova spazio nella mente e nelle risorse dei soldati. Bastano ventitré giornate, e il 2 novembre Alba è già perduta. Il comandante “Mauri” sperava di veder giungere gli Alleati in un lampo, di assistere alla tanto agognata resa dei nazifascisti. 

Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944

Beppe fenoglioI ventitré giorni della città di Alba

Il 13 novembre, quando ormai tutti i centri delle Langhe sono tornati in mano nemica, arriva l’annuncio funesto: è la voce del feldmaresciallo britannico Harold Alexander, comandante in capo delle forze alleate nel Mediterraneo. Nel proclama suo omonimo chiede ai partigiani d’Italia di fare un passo indietro, di interrompere la guerriglia. Non è più tempo di combattimenti diretti, arriva l’inverno, gli Alleati fermeranno la loro avanzata. Rallentare, avere pazienza, sperare.

Inverno 1944-1945, terrore e vendette

Scarsi rifornimenti, pochi e difficili contatti. File decimate, tanti, troppi i compagni caduti e i funerali celebrati. Le Langhe, prima pullulanti di soldati della Resistenza, nell’inverno tra il 1944 e il 1945 piangono i loro morti e si preparano alle rappresaglie nemiche. 

I tedeschi e i repubblicani sono deboli, stanchi, non sanno se vedranno un altro inverno. Prima della primavera, si vendicano delle offese subite con rastrellamenti e controffensive durissimi. Come al solito, i civili non vengono risparmiati. 

I partigiani delle Langhe ne escono decimati. Il comandante Enrico Martini “Mauri” contava più di 5600 unità nelle sue Divisioni nel settembre 1944, solo 3200 nel gennaio del 1945, e con nuove reclute nel mezzo. 

Dicembre 1944, la lunga attesa. Primavera 1945, la Liberazione.

Il Natale del ‘44 non è dunque tempo di festeggiamenti. Ma nel silenzio delle valli, i partigiani non dimenticano il grande obiettivo. Seppur delusi, attendono, e intanto si riorganizzano, si preparano alla Liberazione, la sognano. Il sogno basta a muoverli, a tenere l’anima in vita.

A Natale, quest’anno, l’unico desiderio da esprimere è di vedere i colori, tutti quanti senza distinzione, trionfare sul nero. Ci sarà poi un tempo per le lotte di classe, ma non adesso.

La struttura regge l’urto. Le formazioni si rinnovano, cambiano, si adattano alle nuove condizioni e aspettano fiduciose il primo tepore. La primavera li troverà pronti, lo sanno.

A Natale, quest’anno, l’unico desiderio da esprimere è di vedere i colori, tutti quanti senza distinzione, trionfare sul nero. Ci sarà poi un tempo per le lotte di classe, ma non adesso.

E così sarà. Già a marzo, quando la guerra ha ormai raggiunto un punto di non ritorno, l’insurrezione è pronta, i partigiani delle Langhe tutti, autonomi, garibaldini, giellisti e reparti Matteotti, aspettano la grande chiamata. Sono di nuovo forti, in crescita, il sacrificio dei caduti dà nuova linfa a patrioti e nuove reclute. 

Il 18 aprile un grande sciopero generale scuote Torino, gli apparati dell’Asse crollano in massa. In quegli stessi giorni, gli autonomi di Martini “Mauri” dalle Langhe contribuiscono alla liberazione del Piemonte.

Infinita pazienza e poi è una questione di attimi, il CLN prende il controllo dell’assetto politico e sociale della regione ora libera dai nazifascisti, e presto dell’Italia intera. Il 26 aprile una folla festante popola le vie di Alba, già liberata una prima volta nel 1944. I caduti di quella folle avventura ora possono abbandonarsi a un dolce eterno riposo, la missione è compiuta. 

La lunga attesa che a dicembre ‘44 sembrava non dover mai vedere la fine, si è risolta in trionfo. 

Immagine di copertina: Partigiani della XXI brigata Matteotti in piazza Savona, il 18 maggio 1945. Tra di loro: Giacinto Rinaldi (Jaci), Adolfo Tapella (Cracoschi) e Gaetano Montrucchio (Tano) © Archivio Ciccio Rinaldi / Centro studi Beppe Fenoglio