La nascetta di Novello è una varietà di vitigno originaria della regione del Piemonte, in particolare della zona delle Langhe.
Caratterizzato da una storia ricca e da una crescente popolarità, la nascetta è stata oggetto di interesse per gli enologi e gli amanti del vino, per le sue caratteristiche uniche e distintive.
Nell’ambito della viticoltura moderna, la nascetta rappresenta un’interessante sfida per i produttori, poiché richiede cure particolari e una gestione attenta in vigna e in cantina per esaltarne le qualità intrinseche.
Originariamente consumato principalmente localmente, il vino Nascetta ha guadagnato riconoscimento nel corso degli anni, anche da parte degli esperti del settore, grazie al suo profilo aromatico e alla sua capacità di esprimere le particolarità del territorio in cui è coltivato.
Per approfondire meglio questo argomento, abbiamo fatto una chiacchierata con chi lo produce. Ringraziamo pertanto Maurizio dell’Azienda agricola Cascina Sòt di Monforte d’Alba, Marco Capra dell’omonima cantina di Santo Stefano Belbo e Savio Daniele de Le Strette di Novello per averci dedicato il loro tempo!
Maurizio, Cascina Sòt
Perché avete deciso di puntare sul Nascetta?
maurizio — Abbiamo deciso di impiantare questo vitigno nel 2016 perché era nostro desiderio avere nella gamma un altro bianco e, dato che abbiamo una vigna al confine con Novello, lo volevamo del territorio.
La nascetta è una varietà semi aromatica che si presta molto bene alla macerazione (perché ha la buccia molto spessa) e ha una buona propensione all’affinamento.
Quali sono le sfide a livello di coltivazione delle uve e produzione?
maurizio — Il suo sviluppo vegetativo è poco pronunciato (quindi fa una spalliera compatta) e non è semplice fare previsioni e gestirne la chioma: con gli altri vitigni, negli anni più caldi, si tende a lasciare coperto in modo da ombreggiare, ma nel caso della nascetta bisogna capire in anticipo se ci sarà una buona carica oppure no. Ci sono annate molto produttive e altre piuttosto scarse.
Questo si riflette anche sul prodotto finale, più la carica produttiva è alta, minore la concentrazione di prodotto, perciò avremo un vino meno alcolico e pieno, dall’acidità e dalla freschezza più spiccata. Il contrario vale per le annate più povere.
In cantina effettuiamo una macerazione che ha rappresentato una vera sfida per noi, perché mai provata prima: l’uva viene raccolta, diraspata e pigiata, poi lasciamo salire il cappello di bucce e, dopo circa dieci giorni di follature manuali, procediamo alla svinatura.
Lo trattiamo come un vino rosso per circa metà della fermentazione, per poi proseguire senza bucce. Non svolge la malolattica e procediamo con due mesi di batonnage. Prima di immetterlo sul mercato, affina 6 mesi in bottiglia.
E’ un vino che vendiamo bene, sia in Italia che all’estero (in quantità piccole sia chiaro, però funziona). Gli americani lo adorano, ma anche svizzeri, canadesi, australiani, danesi e svedesi apprezzano.
Marco Capra
Ci parli del tuo Nascetta?
marco — Questo vitigno lo abbiamo conosciuto grazie a un cugino che lo aveva piantato e, assaggiandolo, ci è piaciuto subito!
Come tutti i vitigni autoctoni che sono stati “abbandonati” per un po’ di anni, presenta alcune difficoltà nella coltivazione: i tralci, rispetto alla barbera o al moscato, tendono a girare verso il basso creando problemi nel fissaggio e poi l’imprevedibilità nella produzione. Non ha la stessa resa tutti gli anni, è altalenante.
E’ comunque un vino unico e questo attrae molto il consumatore finale: è longevo – abbiamo aperto bottiglie che hanno 15 anni e sono ancora in splendida forma -, fruttato, fresco e quindi consumabile anche nei primi anni di imbottigliamento.
Presenta al naso note di erbe aromatiche e la sua evoluzione è sorprendente, davvero unico.
Piano piano si sta facendo strada sul mercato, grazie ai produttori storici che lo hanno sempre vinificato (e su cui hanno sempre creduto) e grazie ai curiosi che, ai più altisonanti vitigni internazionali, preferiscono stappare una bottiglia prodotta con uve autoctone. Anche all’estero stanno iniziando a richiederlo perché si trova spesso in carta vini, perciò hanno la possibilità di assaggiarlo.
Savio Daniele, Le Strette
Savio è stato uno dei pionieri della riscoperta di questo vitigno di cui ormai si erano perse le tracce ed è grazie al suo lavoro e di quello di altri produttori che hanno creduto nel progetto che possiamo raccontare della nascetta.
Com’è iniziata la vostra storia con la nascetta?
savio — Abbiamo iniziato a vinificare la nascetta a metà anni ’90, quando il vitigno era praticamente scomparso. Dopo aver completato gli studi di enologia ad Alba, ho iniziato a lavorare come enologo – nell’89, ’90 – e cominciato a sentirne parlare da dei parenti di mia moglie.
Mia suocera abitava a Le Strette e raccontava di suo papà che aveva delle vigne intorno alla casa, così come i cugini, tra i pochi ad avere una minuscola produzione a uso famigliare. Se ne parlava anche tra i banchi di scuola, a fine anni ’80, con il professore di enologia Carlo Arnulfo, che era di Novello. Insomma, era destino.
A metà anni ’90 decidiamo di intraprendere il progetto della cantina a Le Strette, all’inizio come hobby, fino al ’97, quando diventa ufficialmente il nostro lavoro, sperimentando anche con la nascetta: l’idea era quella di esprimere territorialità a 360°.
All’inizio però, per allontanarci dal rischio di multe, l’unico modo che avevamo per commercializzare il Nascetta era venderlo come un qualsiasi vino bianco da tavola, che per distinguere abbiamo chiamato con il termine dialettale novellese Nas-cëtta. Infatti, anche se menzioni di questo vino risalgono già alla seconda metà dell’800 su diversi documenti (citato come Anascetta o Nascetta o Nascette), non era mai stato registrato e ufficializzato prima.
Dato che siete tra i pionieri, ci racconti la storia di questa denominazione?
savio — Nel 2001, da clandestino, passa a vitigno autorizzato alla coltivazione e qualche anno dopo nasce la denominazione Langhe DOC Nascetta (le uve possono provenire anche da fuori dal Comune di Novello e devono rappresentare almeno l’85% del totale di produzione).
Nel 2003 si ha una prima ufficializzazione dell’identificazione con il nome Nas-cëtta per i vini ottenuti dalla vinificazione di uve nascetta prodotte nel Comune di Novello e nel 2010 arriva a compimento un percorso che permette al Comune di Novello di avere la sua denominazione specifica, che pur rientrando ancora nel “Langhe”, può chiamarsi Nas-cëtta del Comune di Novello, un vino prodotto al 100% con uve nascetta coltivate nei confini comunali di Novello.
Grazie a questo iter durato più di 10 anni, altri produttori hanno iniziato a piantare questo vitigno dalla seconda metà degli anni 2000 in poi, oltre anche i confini di Novello, produzioni che non hanno avuto grosse difficoltà perché a quel punto il vitigno era già registrato.
Qual è stata la vostra maggiore difficoltà?
savio — Insieme a Elvio Cogno, a fine anni ’90, abbiamo censito e ritirato le produzioni di nascetta nel Comune di Novello. In questo modo, abbiamo potuto moltiplicare le barbatelle e quindi impiantare nuovi vigneti.
Questa è stata la nostra difficoltà maggiore: partire da un prodotto in quantità molto limitata e capire come come interpretarlo al meglio, studiando i documenti storici e assaggiando quello prodotto da Francesco Marengo e Ferdinando Roggia.
Parlando di oggi, le difficoltà rimangono a livello produttivo: cerchiamo di capire annata per annata come fare, evitando estremismi soprattutto a livello di gestione della chioma. Si cerca di proteggere le viti dal caldo, naturalmente.
E’ un vitigno un po’ più esigente di altri per quello che riguarda la sua coltivazione, ma al giorno d’oggi si accetta, cercando di accompagnare l’annata.
Qual è il progetto che vi sta più a cuore riguardo al Nascetta?
savio — Siamo davvero legati al Progetto Pasinot, il cui nome identifica la collina Pasinotti, la più storica della nascetta.
Qui c’è il vigneto più antico, esposto nel versante sud del comune di Novello, una piccolo appezzamento degli anni ’40 le cui viti erano abbandonate e a cui abbiamo deciso di dedicare una etichetta.
Questo progetto ha permesso di approfondire e di traslarne in bottiglia i caratteri peculiari delle uve e del vino Nas-cëtta, identificando il cru storico, preservandone la biodiversità.
Com’è percepito il Nascetta sul mercato?
Sul mercato, è percepito ancora oggi come un vino di nicchia, quindi non è che abbia dei consumi elevatissimi.
La conoscenza sta cominciando a crescere, e le richieste aumentano anche dall’estero: le prime produzioni avevano una destinazione prettamente locale e poi piano pianino ha cominciato a essere più conosciuto anche da amatori che hanno allargato gli orizzonti e i confini.
Noi oggi produciamo 10.000 bottiglie tra le due etichette, quella classica e il cru Pasinot, e il consumo è circa il 60-65% per l’Italia e il 30% per l’estero.