Ormai in molti listini troviamo questa tipologia di vino, anche in zone ove non erano proprio tradizionali.
Nell’albese è ancora viva la tradizione contadina di appassire i grappoli migliori di uva per farne in seguito un vino speciale, dolce, da offrire come rarità in particolari occasioni a graditi ospiti.
Il passito è un vino ottenuto mediante appassimento dell’uva, senza aggiunta di alcol.
Ma ormai sta emergendo, nei wine bar, nelle enoteche e nella ristorazione stellata, la tendenza a bere a fine pasto un bicerin di passito, quasi a rimarcare la precisa volontà di guardare con ottimismo e speranza al futuro.
Possiamo definire passito un vino ottenuto mediante appassimento dell’uva in varie forme, ma senza aggiunta di alcol.
Le tecniche di appassimento
Per ottenere il necessario appassimento dell’uva possiamo distinguere due tecniche generali adottate dalle varie cantine.
Sulla pianta
Si lascia l’uva sulla pianta per un periodo variabile: da due settimane a 30 giorni giorni.
Ma i rischi sono enormi. A parte i danni da parte di uccelli o altri parassiti, sono le possibili avverse condizioni climatiche il rischio maggiore.
In fruttaio
L’uva viene conservata su graticci o appesa, oppure sistemata in apposite cassette.
L’appassimento può avvenire in ambiente aperto o chiuso, per un periodo variabile che può durare anche 4-5 mesi.
Le complesse reazioni e relative modifiche della composizione nell’intero acino sono enormi.
Si assiste ad una concentrazione di zuccheri, ma solo per diminuzione di peso legata alla disidratazione. Gli acidi diminuiscono per combustione respiratoria. I polisaccaridi aumentano, come il colore che migra dalla buccia alla polpa. Il peso cala in genere del 25-35 %.
L’appassimento artificiale
Da molti anni si utilizza l’appassimento artificiale delle uve con utilizzo di celle di condizionamento.
In genere l’aria è riscaldata intorno ai 30 gradi e l’umidità relativa è condizionata ad un valore del 60 %.
I pareri dei tecnici sull’appassimento artificiale non sono concordi. In particolare si ritiene che i profumi ottenuti con tali tecnologia siano di livello inferiore sul piano della finezza ed eleganza.
Al di là della tecnica di appassimento, prioritarie restano la scelta del vitigno, possibilmente a maturazione precoce, buccia spessa, acini spargoli, e la conduzione del vigneto, che richiede basse rese, controllo delle malattie e trattamenti per ispessimento buccia.
Un passito particolare dell’albese
Un vino passito particolare è prodotto da anni nell’albese. È un vino che si trova con difficoltà, non è in commercio e ne esiste pochissimo.
Eppure se ne parla. Anzi il passaparola ne ha fatto un vino unico, speciale, raro. Questo vino ha un nome: Seren.
È stata l’ultima fatica del collega e amico Andrea Viberti. Prima che ci lasciasse.
Chi produce il Seren? Come è fatto?
Mario Sandri produce di questo vino a Madonna di Como, nella sua cascina che porta il nome di sua madre Metilde.
Il vitigno è il moscato, che da secoli esiste nella tipologia passito.
Sandri sfrutta per questo vino la combinazione freddo di notte in sinergia con l’appassimento, assolutamente naturale, sulla pianta. Roba, anche questa, vecchia di tremila anni.
Di Seren dice poco o niente, qualcosa comunque riesco a farglielo dire. Quest’anno non ha fatto il Seren.
“Botrytis”? Chiedo.
Non gliene frega niente, quest’anno il Seren non si fa, punto e basta.
“No! No! Quest’anno non ha fatto freddo di notte”.
Sto per ridere! “Con tutti i concentratori a freddo, deumidificatori, impianti a osmosi che hanno invaso molte cantine di Langa?”
Non dice nulla. Non gliene frega niente, quest’anno il Seren non si fa, punto e basta.
“Le uve le ho vendute” aggiunge.
Dice soltanto che il processo nel vigneto e poi in cantina è molto lungo e articolato, ma non fa riferimento al Sauternes, piuttosto i Beeren-Auslese del Reno- Mosella.
“Fermenta per otto mesi e poi si conserva in legno in fusti vecchi di rovere da sette ettolitri per almeno un anno. Poi sta in bottiglia per un altro anno”.
I passiti a tavola
Argomento assai complesso: abbinare i vini passiti sfugge alle sacre regole che regolano il matrimonio tra vino e tavola.
La scheda Mercatini obiettivamente è di difficile applicazione. Oggi sono di moda i vini da meditazione, ma vuole dire nulla, a stomaco pieno si medita meglio in tutti i sensi e allora abbiniamoli questi passiti.
Di norma si preferisce un abbinamento di contrasto ovvero formaggi erborinati o molto stagionati o piccanti o fermentati. Meglio di tutto foie gras e derivati.
Con i dolci base di mandorla oppure i classici cantuccini magari “puggiati” nel bicchierino.
I passiti di uve a bacca nera possono anche adattarsi al cioccolato, spesso accompagnano alcuni dolci tipici piemontesi – bonet o amaretti -, o per affogare una crema gelato e perché no, una macedonia di frutti rossi?
Servite i vini passiti a temperatura di 13-14 gradi per limitare gli effetti dell’alcol elevato. Se troppo freddi mortifichiamo gli splendidi profumi.
Chi ha la fortuna di assaggiare un passito molto vecchio lo apra un’ora prima, se di uva a bacca nera valuti un eventuale decantare.
Il tappo spesso è un problema, non è facile aprire un passito di Erbaluce di Caluso del 1958, senza combinare guai. Una piccola pressione provoca la caduta del tappo nel vino, oppure alzando il levatappi si sbriciola il tutto.
Useremo un lamellare, oppure un levatappi con la spirale adatta e- tassativo- doppia battuta sul decapsulatore.