Curiosità
Nel periodo di Carnevale, ‘l carlevè, era abbastanza diffusa – fine Ottocento, primo Novecento – la consuetudine in cascina di uccidere il maiale.
Il ritmo abbastanza monotono e consuetudinario, se non proprio dimesso, della vita gastronomica che si snodava per tutti i giorni dell’anno, aveva allora come un soprassalto nel fervore rapido dell’uccisione e della preparazione delle carni.
Nei giorni successivi, si soleva impiegare in cucina le parti di minor valore, ma pur sempre gradite e saporose se bene preparate, come appunto le costine.
Ad esse si univano i ceci, che pazientemente avevano passato l’autunno raccolti in piccole fascine poste a seccare in cima alle pertiche più alte della vigna.
Un connubio felice, nel quale i ceci s’ammorbidivano assorbendo il poco grasso delle costine, fondendo insieme sapori cordiali, non contrastanti, appena appena vivacizzati dagli elementi di condimento.
Ingredienti
Procedura
La prima operazione consiste nel far rinvenire i ceci secchi: metteteli quindi in acqua fredda con una manciata di bicarbonato di sodio e lasciateli per una notte.
Terminato l’ammollo, scolateli e sistemateli in una pentola contenente dai tre ai quattro litri d’acqua ed iniziate la cottura.
Intanto fate un soffritto con le cipolle, il sedano, la carota, il rosmarino e poco olio d’oliva.
Se è il caso, schiumate di tanto in tanto con la schiumarola la pentola dei ceci.
Dopo quasi due ore di bollitura, unite ai ceci il soffritto, le patate intere e sbucciate, le costine di maiale lunghe circa 8-10 centimetri ed infine la salsa di pomodoro concentrata.
Cuocete per un altro paio d’ore, comunque fino a cottura completa dei ceci.
Prima di servire la minestra calda, schiacciate le patate con mestolo e forchetta e aggiustate di sale.
Crediti Foto: Il Gambero Rosso