Oggi il Tartufo, soprattutto quello bianco, è considerato uno degli alimenti più pregiati della gastronomia mondiale, e il suo prezzo può arrivare tranquillamente ai 3000 € al chilo.
In realtà se andiamo indietro nel tempo scopriamo che è sempre stato apprezzato, fin dall’antichità.
Il cibo degli dei per Romani e Greci
Sappiamo infatti che gli antichi Sumeri utilizzavano il tartufo assieme ad altri vegetali come orzo, ceci, lenticchie e senape, mentre si dice che gli antichi Ateniesi lo adorassero al punto da conferire la cittadinanza ai figli di Cherippo per aver inventato una nuova ricetta col prelibato fungo.
È accertato fosse molto apprezzato a tavola dagli antichi Romani, che ne avevano copiato l’uso culinario dagli Etruschi.
La prima vera testimonianza diffusa in Europa si può trovare nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.).
Le leggende sull’origine
I dotti del tempo si sbizzarrirono per stabilire l’origine del gustoso tartufo: il poeta Giovenale ad esempio la fa risalire ad un fulmine scagliato da Giove in prossimità di una quercia.
Dato che il dio era famoso per la sua prodigiosa attività sessuale, il tartufo veniva considerato altamente afrodisiaco e veniva anche chiamato il cibo degli dei.
Anche in epoca romana il tartufo aveva un prezzo elevato proprio a causa della sua rarità, dovuta alla difficile reperibilità.
Le prime ricette con questo ingrediente si ritrovano nel De re coquinaria, opera di Marco Gavio detto Apicio che fu un celebre gastronomo vissuto ai tempi dell’imperatore Tiberio.
Molto probabilmente il loro tuber terrae non era il profumato tartufo di cui noi oggi ci occupiamo, bensì la terfezia Leonis (Terfezia Arenaria), una qualità raccolta ancora oggi in Puglia e Sardegna ma di scarso valore commerciale.
Questa qualità era molto abbondante in tutto l’impero romano, raggiungendo il peso di tre-quattro chilogrammi.
Dal medioevo al Rinascimento
Il tartufo scomparve dalle tavole del Medioevo, e rimase il cibo di lupi, volpi, tassi e cinghiali.
Il Rinascimento rilanciò il gusto della buona tavola ed il tartufo riconquistò il primo posto tra le pietanze più raffinate, comparendo tra le tavole delle nobili Caterina de’ Medici e Lucrezia Borgia, oltre che nei banchetti più prestigiosi d’Europa
Il primo vero trattato riguardante interamente il prezioso fungo lo si deve al medico umbro Alfonso Ciccarelli, scritto nel 1564 dal titolo Opusculus de tuberis.
Nello stesso secolo, inoltre, Andrea Cesalpino nomina per la prima volta i tartufi tra i funghi.
In Piemonte nel 1600 se ne faceva un consumo rilevante per imitare i nobili francesi.
Un divertimento per i nobili
Nel ‘700, il tartufo Piemontese era considerato presso tutte le Corti europee una prelibatezza, e la sua ricerca costituiva un divertimento di palazzo, per cui gli ospiti e gli ambasciatori stranieri in visita a Torino erano invitati ad assistervi.
Da qui forse nasce l’usanza di utilizzare per la ricerca un animale elegante come il cane, al posto del maiale utilizzato soprattutto in Francia.
I sovrani Italiani Vittorio Amedeo II e Carlo Emanuele III si dilettavano nell’organizzare vere e proprie battute di raccolta.
I primi testi scientifici
Nel 1780 venne pubblicato a Milano il primo libro riguardante il Tartufo Bianco d’Alba, battezzato col nome di Tuber magnatum Pico (Magnatum – ossia dei “magnati”, per persone abbienti, mentre Pico si riferisce al piemontese Vittorio Pico, il primo studioso che si occupò della sua classificazione).
Un naturalista dell’orto botanico di Pavia, il Dottor Carlo Vittadini, pubblicò a Milano nel 1831 la Monographia Tuberacearum, la prima opera che gettò le basi dell’idnologia, la scienza che si occupa dello studio dei tartufi, descrivendone ben 51 specie diverse.
Il tartufo oggi
Lo studio dei funghi ipogei fu in seguito approfondito dai ricercatori italiani ed attualmente in Italia, e in particolare in Piemonte, risiedono i migliori centri di studio.
Oggi il tartufo rappresenta un’eccellenza a livello mondiale e ogni anno attira migliaia di turisti e appassionati ad eventi come la Fiera del Tartufo di Alba.
Andar per trifule
Negli ultimi anni è anche cresciuto il numero delle persone che vogliono provare l’esperienza della ricerca del tartufo, e numerose realtà di langa offrono questa possibilità. In questo articolo vi raccontiamo cosa potete aspettarvi da questa avventura.
Adesso non vi rimane che mettere su l’acqua per i Tajarin, rompere due uova sul tegamino, e cominciare a grattare!