Il 27 Gennaio, presso il centro giovani H-Zone di Alba, si è tenuto un interessante incontro con Renato Salvetti, reduce dei campi di Mauthausen residente a Dogliani, Antonio Alampi e Paolo Tibaldi.
Dopo un intervento iniziale dell’Assessore alla Cultura e al Turismo di Alba Fabio Tripaldi, che ringrazia e saluta i presenti a nome del comune, prende la parola Paolo Tibaldi, attore che per l’occasione troviamo nella vesti di moderatore della serata, che introduce con una commovente lettura l’argomento della serata e presenta i suoi ospiti.
Antonio Alampi racconta ai presenti il suo incredibile viaggio in bicicletta, che lo ha visto partire da Santa Vittoria d’Alba e giungere ad Auschwitz nell’Agosto dello scorso anno in quattordici giorni: La sua voce è timida, emozionata ed emozionante. Impossibile non cogliere la bontà d’animo e la sincerità delle sue impressioni.
Alle sue spalle la sua bicicletta, fedele compagna di viaggio che ha tenuto a portare con sé: La mostra al pubblico con fierezza, racconta come nasce l’idea e la preparazione all’impresa, esprime aneddoti piacevoli e imprevisti mantenendo viva l’attenzione degli avventori e strappando qualche sorriso.
Si sofferma inizialmente sugli aspetti positivi e belli del suo percorso, parlando degli incontri che ha fatto con persone gentili, disponibili e disposte a condividere, di paesaggi incantevoli e città meravigliose. Il clima si fa inevitabilmente mesto quando, nel suo racconto, raggiunge la destinazione. Non può fare a meno di parlare della sensazione di orrore e della grande tristezza che morde il cuore al suo arrivo nel guardarsi intorno.
Dopo la lettura di alcune tappe del suo “diario di bordo” da parte di Paolo Tibaldi, conclude il suo intervento mostrando un video fotografico realizzato in prima persona durante le due settimane di viaggio.
L’intervento più atteso è sicuramente quello di Renato Salvetti, il quale rompe il ghiaccio facendo accendere le luci in sala dicendo: “voglio vedere in faccia queste belle persone”. Egli è un eccezionale e prezioso documento storico vivente: uno dei pochissimi sopravvissuti al campo di concentramento di Mauthasen.
Renato inizia a parlare della sua esperienza: Lo fa con grande lucidità e carisma. Il pubblico è in silenzio riflessivo, ascolta senza fiatare ed è difficile non rimanere attoniti di fronte a certe dichiarazioni: Per quanto scritte su libri, mostrate nei film e nei documentari, cantate in tante canzoni, le atrocità commesse nel periodo dell’Olocausto nei confronti dell’essere umano, raccontate da chi porta un segno indelebile sulla propria pelle, si depositano come un mattone nel profondo della propria coscienza.
La carica emotiva è fortissima ed è impossibile descrivere la moltitudine di sensazioni, quel senso di angoscia, sgomento e paura che ti attraversa.
Renato ha con sé una valigia ricca di documenti, mostra alcune foto ma incomincia a farsi tardi ed è arrivato il momento di concludere anche se le cose da dire sarebbero ancora tante, tantissime.
Invita i giovani ad amarsi e volersi bene: Lo fa con una convinzione pura e potente al punto da far scomparire totalmente l’apparente banalità del messaggio.
Dice di non volersi fermare e di voler portare la sua testimonianza ancora a lungo ovunque: Nelle scuole, nei teatri e nelle piazze. Suggeriamo vivamente a chiunque di prendersi un momento e andarlo ad ascoltare.
Crediti foto: Daniele Dalbon