Arte e cultura

Il Carnevale in campagna: tradizioni e costumi di ieri e di oggi

Febbraio 18, 2025
Ritrovo in campagna

Tutti noi conosciamo il Carnevale e tutti ne abbiamo un’idea relativamente chiara. Ci associamo dei ricordi di maschere, dolci e parate.

Chi più e chi meno, sappiamo anche quando collocarlo. E’ la non-festa di febbraio, il momento dell’anno di cui, se non si è più bambini, non si sa cosa farsene. Non è festività riconosciuta dopotutto, e dunque il mondo non si ferma al suo cospetto. Così che anche noi, a volte, rischiamo di dimenticarcene.

Il Carnevale in campagna ieri: gioia e sovversione

Fino a poco tempo fa, il Carnevale era soprattutto il periodo di mezzo tra due ricorrenze del calendario cristiano, il Natale e la Pasqua, pur essendo tutto ciò che cristiano non è.

Quando le celebrazioni religiose scandivano la vita dei più, e sfidarle significava incorrere in senso di colpa spirituale e talvolta isolamento sociale, il Carnevale fungeva da compromesso e permetteva una parentesi di concessioni tra due lunghe sessioni di penitenza.

Il Carnevale, poi, assumeva un significato ancora più profondo nelle campagne del Nord Italia e nei piccoli borghi che le popolavano. Il suo ricorrere coincideva con l’approssimarsi della fine del silenzio invernale dei campi, dove nulla poteva essere fatto, e dell’inizio dell’estenuante, ma carica di speranza, stagione di raccolti.

Il Carnevale in campagna assumeva i tratti di un momento di necessaria sovversione, in cui, quando ancora nulla era deciso, tutto poteva essere.

Nel mondo contadino, ogni benedizione era legata alla riuscita di un raccolto e ogni disgrazia a una stagione di magra. Affidarsi alla benevolenza del Cielo sembrava dunque più che mai ragionevole, dal momento che il Cielo con i suoi doni si faceva carico del destino dei coltivatori. Pochi avrebbero sfidato a cuor leggero le richieste di penitenza approvate dalla Chiesa cattolica.

E così, il Carnevale in campagna assumeva i tratti di un momento di necessaria sovversione, in cui, quando ancora nulla era deciso, tutto poteva essere.

L’anno vecchio era passato, l’anno nuovo era da venire. Durante il Natale ci si era purificati e le fatiche della Quaresima potevano aspettare. La festa di Sant’Antonio Abate, 17 gennaio, o la Candelora, 2 febbraio, sancivano un po’ in tutto il Nord Italia l’inizio di un momento in cui qualche piccola trasgressione sembrava lecita.

Le campagne, allora, si animavano. Ci si spostava di casa in casa, di paese in paese, si azzardava una socialità che il lavoro e il decoro proibivano e si dedicava più tempo di quanto fosse cristianamente accettabile a bevute collettive, ritrovi comunitari e delizie gastronomiche.

In previsione del digiuno e dell’astinenza quaresimali, si cristallizzavano con il tempo tradizioni giocose e ricette golose e nutrienti; si affrettava l’organizzazione di matrimoni e si favorivano le unioni tra famiglie di paesi talvolta confinanti, talvolta più lontani, ma comunque sempre irraggiungibili in tempo di semina e raccolto.

Quando il Carnevale divenne poi sinonimo di parate e carri non è dato sapere con esattezza, ma nelle campagne questa declinazione è lenta a farsi costume.

Travestimenti buffi, maschere grottesche e personaggi semi-fantastici però non mancavano quasi mai, e le loro sembianze – di orsi, di lupi, di capre, di tacchini – tradiscono sempre un riferimento a una realtà che oggi molti di noi faticano a comprendere. L’orso, animale simbolo del letargo, avrebbe tentato la prima uscita dal suo torpore a Candelora. Se il tempo era troppo clemente tornava nella sua tana, la primavera avrebbe tardato ad arrivare.

A segnare la fine del Carnevale era l’incombere del periodo di Quaresima, il cui inizio era dettato dal Mercoledì delle Ceneri e cambiava in caso di Pasqua Alta o Bassa.

Mai fissato, mai del tutto definito è sempre stato quindi il periodo carnevalesco, in perfetta sintonia con l’anima sfuggente e ribelle della festa stessa. Al suo chiudersi, è vero, si affacciava la penitenza, ma anche il senso di rinascita che marzo sempre portava.

Le schiene che tornavano a chinarsi sui campi, sì, ma anche il riverbero di un momento di gioia e spensieratezza, e la certezza di giornate più lunghe e calde all’orizzonte. Ecco quindi che il Carnevale diventava l’espediente perfetto, del tutto laico e molto terreno, per spezzare l’inesorabile e lento ordine della vita di campagna.

Il Carnevale in campagna oggi: ritrovare le tradizioni

Oggi, senza il calendario cristiano a definire le nostre vite, vediamo il Carnevale cambiare forma e assumere sfumature diverse. Un tempo la festa dell’improvvisazione, del ribaltamento di regole precise e prestabilite, il Carnevale da alcuni decenni guarda alla tradizione, si ripete, si concretizza in parate e sagre di paese a cadenza annuale.

In campagna, antiche maschere e travestimenti assumono carattere locale, arrivano a definire con i loro tratti luoghi e identità intere di comunità che vanno disperdendosi e che provano a ritrovarsi in una figura che le riassume. Sono mestieri, animali o persino idee fantasiose che raccolgono questa o quella leggenda di paese, o riecheggiano lontane memorie di episodi e battaglie storiche combattute sul territorio.

E’ il caso del Carvé vej, il Carnevale vecchio, un’usanza diffusa in Piemonte che richiama subito alla mente abiti tradizionali, ricette tipiche e mascherate. Un’usanza però recente nonostante il nome, un tentativo di non far scivolare nel solo ricordo il significato e il senso di gioia della festa.

I nuovi protagonisti del Carnevale moderno, poi, sono i bambini, un tempo comparse minori nella grande storia del lavoro di campagna. Oggi sono i più piccoli ad avere bisogno di spezzare la lunga noia dell’inverno, sono loro ad amare il travestimento che li fa sognare per un po’ la vita adulta.

Per gli adulti, invece, il Carnevale ha perso il senso laico di scuotere un ordine religioso precostituito, ma è insostituibile possibilità di ricongiungersi con quel ritmo, oramai scomparso, della vita dei campi, tanto amato quanto odiato dai nostri trisavoli.

In questo senso, insomma, il Carnevale continua a farsi sovversore dello status quo, ribaltatore temporaneo della realtà interconnessa e fortemente urbanizzata in cui siamo immersi.

Il Carnevale in campagna oggi: le iniziative nelle Langhe e nel Roero

Le Langhe e il Roero, le cui terre sono state per lunghissimo tempo il teatro dell’avvicendarsi infinito del ritmo contadino, riflettono perfettamente la parabola del Carnevale.

Oggi, la tradizione si fonde con la ricerca di modernità, e antiche maschere dialogano in armonia con piccole folle festanti di bambini e ragazzi sfoggianti i più disparati travestimenti.

Così, i Magnin, gli spazzacamini, ogni anno animano le via di Bastia, di Briaglia e di Cigliè, a ricostruzione di un’epoca in cui la fine del loro lavoro coincideva proprio con il periodo carnevalesco e con il primo disgelo.

E così Ciciaret, il chiaccherone di paese, è il personaggio che compare tra le vie di Corneliano per cercare la sua Turibia, la maschera che gli fa da controparte nella vicina Piobesi, a ricordo forse di quelle usanze di Carnevale, di cui si è già parlato, di unire in matrimonio famiglie di paesi poco distanti.

E poi sulla stessa scia anche Cecilia e Roldano, le maschere di Caraglio, comune che ogni anno a febbraio vede le sue strade popolarsi per la festa. La leggenda di questi personaggi, oggi tanto cari alla comunità, è antichissima e richiama alla mente la più famosa storia di Paolo e Francesca, ma ha un lieto fine. Qui, Dusu, il signorotto geloso dell’amore tra i due giovani, viene simbolicamente bruciato sul rogo a ricordare una liberazione, sempre agognata ma quasi mai realizzata, dei deboli dai signori despotici.

Anche Mussotto, Alba, Guarene e tanti altri borghi rispolverano tradizioni o guardano al futuro con cene, incontri e concerti in occasione del Carnevale. Insomma, ognuno, a modo proprio, resta fedele allo spirito della festa e sovverte almeno per un giorno il solito ordine.

Bibliografia parziale

  • Tersilla Gatto Chanu, Leggende e Racconti Popolari del Piemonte, Newton Compton Editori, Roma 2022.
  • Giovanni Kezich, Carnevale. La Festa del Mondo, Editori La Terza, Bari-Roma 1019.