Ingredienti
- fegato di maiale gr 200
- coscia di maiale gr 200
- due uova
- sale
- pepe
- due cucchiai di pane grattugiato
- una manciata di formaggio parmigiano grattugiato
- mezza noce moscata
- venti bacche di ginepro
- omento di maiale (risela)
- burro
- olio
Cosa serve
- una teglia con coperchio
- una forchetta
- un coltello
Procedura
Prendete due etti di fegato e due etti di carne magra, entrambi di maiale, tritate tutto, poi aggiungete due uova, sale quanto basta ed un pizzico di pepe, due cucchiai di pane grattugiato, un’abbondante manciata di formaggio parmigiano ed aggiungete, sempre ben grattugiata, mezza noce moscata ed infine 20 bacche di ginepro pestate.
Avviluppare il tutto dopo averlo bene amalgamato nell’omento di maiale in piccoli fagotti, metteteli in una teglia con coperchio, con tanto burro e olio e lasciate cuocere lentamente per circa un’ora.
Curiosità
Non sono uccelli, come il nome indurrebbe a pensare.
Sono piccoli fagotti in cui si rinchiude nell’omento di maiale – la risèla – un ripieno di fegato e coscia di maiale mescolati con altri elementi, tra cui soprattutto delle bacche di ginepro, che contribuiscono a riprodurre il tipico sapore del tordo della Langa, la griva appunto, che si nutre di queste bacche e ne assorbe il sapore nelle carni.
Anche questo è un tipico prodotto della cucina delle Langhe del ‘600, epoca di diffusa, pesante povertà nelle nostre campagne; come è evidente, è ancora una pietanza di recupero, sostitutiva di quella originale riservata, forse, ai signori, quasi un gioco della “griva” finta contro la “griva” vera, colorito più di ironia che di gelosia.
Naturalmente il fagottino molto saporoso si è fatto più ricco e piccante col passare del tempo. Ercole Olivieri di Cortemilia vinse appunto con questo piatto la gara del ‘Piatto d’oro” nel 1962.