Letture golose
Incontro con Gianfranco Torelli Il primo vino biologico italiano nato in un territorio senza OGM

Oggi abbiamo il piacere di incontrare Gianfranco Torelli, una figura importante nel mondo della viticoltura biologica e sostenibile.
La sua azienda vanta un primato storico: è stata la prima in Italia a ottenere, nel gennaio 1993, la certificazione biologica T000001 per il Moscato d’Asti 1992, il primo vino BIO prodotto da uve coltivate secondo i principi dell’agricoltura biologica
Con anni di esperienza sul campo e una profonda passione per il suo lavoro, Gianfranco ha contribuito in modo significativo alla diffusione di pratiche agricole rispettose dell’ambiente, aiutando numerose aziende a intraprendere la strada del biologico.
Nel corso di questa chiacchierata, in cui non si è certo risparmiato, Gianfranco ci racconta le sfide affrontate, le soddisfazioni raccolte e il suo impegno per il territorio di Bubbio, offrendo anche uno sguardo sulle prospettive future di una viticoltura sempre più attenta all’equilibrio e alla sostenibilità ambientale.
Gianfranco — La mia attenzione per l’ambiente è nata ben prima di iniziare a produrre vino. Avevo circa 17 o 18 anni quando entrai a far parte dell’associazione Valle Bormida Pulita, un movimento ambientalista che si batteva per la chiusura della fabbrica chimica di coloranti Acna di Cengio. Quella battaglia, negli anni ’90, riuscì davvero a unire tutti: adulti, bambini, politici, sindaci di ogni orientamento. E portò, alla fine, alla chiusura dello stabilimento e all’avvio della bonifica.
Respirare un forte impegno collettivo per la tutela del territorio, mi ha segnato profondamente. È stato naturale, per me e per mio padre, iniziare a mettere in discussione alcune pratiche agricole diffuse all’epoca, svolte senza porsi il problema dell’impatto ambientale.
Negli anni ’80, inoltre, il concetto di sostenibilità non era ancora entrato nel dibattito agricolo, e parlare di biologico sembrava quasi fuori luogo. Proprio per questo abbiamo sentito il bisogno di cambiare rotta.
Gianfranco — Nel 1987, insieme a mio padre, abbiamo deciso di intraprendere la strada dell’agricoltura biologica nei nostri vigneti. All’epoca non esisteva ancora un regolamento ufficiale: c’erano solo alcuni movimenti pionieristici che stavano gettando le basi per quello che poi sarebbe diventato il regolamento europeo.
Abbiamo cominciato in modo informale, con un’autocertificazione e l’adesione al Consorzio Piemonte-Liguria per l’agricoltura biologica. Solo nel 1991 è arrivato il regolamento CEE che stabiliva finalmente delle norme anche per la viticoltura. Non si parlava ancora di vino biologico in senso stretto, ma di vino ottenuto da uve coltivate con metodo biologico. E’ stato un passaggio tutt’altro che semplice, ostacolato anche dalle resistenze di alcune lobby del settore.
Nel 1992 sono iniziate le prime iscrizioni al sistema europeo, e nel gennaio del 1993 abbiamo ottenuto la certificazione T000001 per il nostro Moscato d’Asti DOCG San Gròd, riconosciuto come il primo vino italiano certificato prodotto da uve coltivate secondo i principi dell’agricoltura biologica.
Gianfranco — La conversione al biologico è un processo che coinvolge sia aspetti agronomici che normativi. Dal punto di vista tecnico, molte delle molecole chimiche impiegate nella viticoltura convenzionale restano attive nella pianta per anni: per questo motivo, sono necessarie almeno tre stagioni prima che un vigneto possa dirsi realmente biologico.
Parallelamente, anche la normativa prevede un periodo di transizione di tre anni, durante il quale l’azienda è tenuta ad applicare i principi e le pratiche dell’agricoltura biologica, pur senza poter certificare i suoi prodotti come tali.
Gianfranco — L’agricoltura biologica ha avuto un impatto positivo sull’intero settore agricolo, stimolando l’innovazione anche nell’ambito dei fitofarmaci. Ha infatti spinto l’industria a sviluppare nuove soluzioni sostenibili, come gli induttori di resistenza, sostanze che rafforzano le difese naturali della pianta invece di agire direttamente sui patogeni.
Oggi è innegabile che il mondo del biologico rappresenti uno stimolo prezioso per la viticoltura nel suo complesso, non solo per i produttori di vino bio, ma anche per chi adotta pratiche convenzionali più attente all’ambiente.
Gianfranco — Nel 1999 il nostro Comune, Bubbio, è stato il primo in Italia a dichiararsi ufficialmente antitransgenico, grazie a una delibera che ho personalmente promosso nel mio ruolo di vicesindaco. Questa scelta, di grande importanza, ha dato inizio a un movimento che oggi conta oltre 1.800 amministrazioni in tutto il Paese.
È stato un messaggio forte e significativo: se fosse rimasto confinato a Bubbio, non avrebbe avuto alcun effetto. Invece, è stato esteso a province, alcune regioni e comunità montane, costringendo la politica a prenderne seriamente atto.
Gianfranco — Oggi uno dei problemi principali è la sovrapproduzione di vino. Mi chiedo quindi che senso abbia continuare con un’agricoltura tradizionale che punta solo alla massima resa, spesso a scapito dell’ambiente, se poi il mercato non assorbe quel surplus. A maggior ragione in un settore come il vino, dove il vero obiettivo dovrebbe essere l’equilibrio della pianta, perché è proprio lì che nasce la qualità.
Per questo, il biologico, per me, rappresenta oggi la scelta più coerente per un approccio consapevole e responsabile, soprattutto in un comparto come la viticoltura, che ha un impatto diretto sull’ambiente.
Detto questo, credo che l’agricoltura biologica non sia l’unica forma valida e intelligente per approcciarsi alla viticoltura. Si può fare una buona viticoltura facendo, per esempio, un’intelligente lotta integrata.
Gianfranco — Credo che l’agricoltura debba poggiarsi su quattro pilastri fondamentali: la qualità del prodotto, il legame con il territorio, la sostenibilità ambientale (imprescindibile, che riguarda tutte le aziende indipendentemente dal metodo agricolo adottato) e infine la sostenibilità sociale, che passa anche dal rispetto dei contratti di lavoro e dei diritti di chi opera in questo settore.
Gianfranco — Dal punto di vista enologico, adotto tutte le buone pratiche di vinificazione tradizionale seguite anche da colleghi che producono ottimo vino non biologico. Il mio approccio si basa sulla competenza tecnica, senza estremismi.
Negli ultimi anni, sto concentrando i miei sforzi puntando a rafforzare le viti in modo naturale e quindi sull’equilibrio della pianta. L’obiettivo è ottenere viti più resistenti ed energicamente pronte, che richiedano meno interventi e trattamenti, in un’ottica di sostenibilità a lungo termine.
Seguiamo un protocollo preciso che impiega prodotti naturali come alghe marine, microelementi in grado di stimolare le difese interne della pianta e bacilli utili che colonizzano i parassiti. Si tratta di una strategia preventiva, con un impatto ambientale ridotto al minimo, che rispecchia pienamente i principi dell’agricoltura sostenibile.
Gianfranco — La viticoltura può offrire tante soddisfazioni: vedere il vino fatto da te e dalla tua famiglia apprezzato in tutto il mondo è una grande gioia.
Se il nostro giovane vignaiolo ha già maturato esperienza, lo inviterei a riflettere sulla sostenibilità ambientale. Non è necessario essere per forza biologici per fare una buona agricoltura, ma adottare un approccio sostenibile e coraggioso nel tempo porta molte soddisfazioni.
Gianfranco — Ti rispondo riflettendo sull’annata 2024, che è stata una stagione davvero difficile. Speravamo in un inverno piovoso, che invece è mancato, mentre in primavera è arrivata una pioggia incessante.
Da qualche tempo offro consulenze agronomiche per avvicinare le aziende della zona alla viticoltura biologica. Negli anni ho seguito la conversione di cinque aziende di Bubbio, oggi certificate biologiche. Inoltre, supporto altre realtà che, pur non essendo biologiche, seguono con attenzione i miei consigli. Insieme, a settembre, siamo riusciti a portare a casa un raccolto sano e con una buona quantità di uva.
Questa esperienza mi ha confermato che lavorare sull’equilibrio delle piante utilizzando prodotti adeguati ha permesso alle vigne di mantenersi in buona salute. Grazie agli interventi consentiti in agricoltura biologica, siamo riusciti a ottenere una vendemmia davvero soddisfacente. Questo mi ha davvero emozionato ed è stato motivo di grande soddisfazione.