Arnaldo Rivera, “il Maestro” come lo chiamavano tutti, è indubbiamente una delle personalità di maggior profilo nel settore vitivinicolo piemontese tra gli anni ‘60 e ‘80 del secolo scorso.
Partigiano, maestro, sindaco di Castiglione Falletto, presidente della cantina sociale “Terre del Barolo”.
Poliedriche attività hanno caratterizzato l’intensa vita di Rivera.
Un personaggio talmente carismatico da insegnare allora, e ancora oggi, uno stile di vita e di lavoro ricco di valori etici e morali.
Qualcuno ha definito Rivera: “Un autentico modello di piemontesità”.
La storia
Arnaldo Rivera nacque il 13 dicembre 1919 a Castiglione Falletto.
I genitori possedevano un cascinale e producevano uva nebbiolo e dolcetto.
A sei anni frequentò le scuole elementari a Castiglione Falletto; ancora oggi gli anziani del paese, allora compagni di scuola, ricordano la sua generosità.
A tredici anni si iscrisse all’istituto magistrale di Alba, diplomandosi nel 1939.
Nel 1940 ci fu la guerra, il fronte francese, la Grecia, la Russia, poi l’otto settembre.
Rivera aveva ventiquattro anni e il grado di tenente: dovette scegliere.
Non ebbe dubbi, scappò sulle montagne ed entrò nelle formazioni partigiane: combattè contro i tedeschi ed i fascisti a capo di una squadra di giovani garibaldini operante nelle Langhe.
Il 25 aprile 1945 era a Torino, vivendo gli esaltanti giorni della liberazione, tra l’altro gestendo la mensa partigiana.
Nel 1949 iniziò l’attività di insegnante elementare a Castiglione Falletto; per ventotto anni fu il suo impegno principale: in quelle aule disadorne, circondato dai ragazzi, Rivera fu semplicemente il “maestro del paese” nel senso più bello ed ampio del termine.
Nel 1951 venne eletto sindaco di Castiglione Falletto.
Venne poi sempre riconfermato nelle successive elezioni con grande maggioranza di voti e per trentasei anni il comune fu la sua seconda casa.
Nel 1956 si sposò con Ester Rinaldi, un’ insegnante conosciuta ai corsi per i maestri cattolici.
Nel 1958 un momento importante della sua vita: nacque la cantina sociale.
Rivera ne fu l’ideatore, il propugnatore, il fondatore, ne fu l’artefice a trecentosessanta gradi.
Arnaldo assunse molti ruoli e responsabilità in vari organismi vitivinicoli: citiamo solo la presidenza del Consorzio del Barolo e Barbaresco e la vicepresidenza dell’allora Asprovit.
In tale ruolo Rivera come sempre si fece apprezzare per le sue doti morali ed organizzative, assumendo responsabilità e fatiche non comuni.
Proprio nel pieno del suo lavoro, con il fisico gravato negli ultimi anni da una malattia che non lo indusse mai a risparmiarsi, Arnaldo Rivera ci lasciò la sera del 10 gennaio 1987.
La camera ardente fu allestita presso la cantina Terre del Barolo, mentre i funerali si svolsero nella chiesa parrocchiale di Castiglione Falletto piena come non mai; la bara fu portata a spalla dai dipendenti, dai partigiani e dai consiglieri comunali del piccolo paese di Langa.
L’eredità morale
Ma cosa ha lasciato Arnaldo Rivera ai famigliari, ai collaboratori, agli amici, al territorio e in particolare al settore vitivinicolo?
Rivera è stato maestro di vita, te ne accorgi appena inizi a parlare con la gente; in molti paesi di Langa, in tante cantine; il suo ricordo è ben vivo, è sincero ed autentico.
Quattro sono i valori specifici che sono emersi nel corso delle varie interviste.
Rivera precursore
Parlare di cooperazione a metà degli anni cinquanta era molto difficile, era una sfida, soprattutto nell’Albese.
Le vecchie cantine sociali, quelle di Monforte, Castiglione Falletto, Barolo, Alba erano state chiuse.
Il ricordo dei terribili anni venti, con i fallimenti Calissano e Mirafiore, la chiusura delle casse rurali di credito era ancora presente nella memoria delle famiglie contadine di Langa.
Eppure a partire dal 1956 Rivera svolge un’instancabile opera di proselitismo per il progetto di una cantina sociale nell’albese: gira nei paesi della bassa Langa, parla con tanti viticoltori , la sua personalità e la fiducia che esprime sono una garanzia.
In tanti, dapprima diffidenti e sospettosi, aderiscono.
Il giorno otto dicembre 1958, la cantina sociale è una realtà.
Il tempo darà a Rivera ampiamente ragione.
Rivera onesto
Onestà: parola troppo grande, sovente piena di retorica, per Rivera era facile, uno stile quotidiano insito nel personaggio, nei comportamenti, nelle scelte pratiche.
Spontaneamente, coinvolgendo i collaboratori ed i soci.
I rimborsi spese: non voleva nulla, “Quanti litri di benzina per viaggi, a Cuneo, a Torino, a Roma, per qualche contenzioso”, quante telefonate dalla propria abitazione con qualche amico in provincia o in regione o semplicemente a casa di un socio per avere notizie di un suo famigliare ricoverato.
Molti consiglieri insistevano anche per un corretto e trasparente rimborso spese.
“Ho lo stipendio da maestro“, così ti liquidava.
Il ricordo
Il carisma di Arnaldo Rivera continua, anzi cresce, a distanza di 25 anni dalla morte.
D’altronde sin dai primi mesi dopo il decesso molte iniziative sono state messe in atto per ricordare la sua figura.
Era “entrato nel cuore della gente” hanno detto al suo funerale.
Dal primo commovente articolo sul bollettino parrocchiale, a vari articoli sulle riviste locali; dalle manifestazioni dell’AMPI, a numerosi convegni in Alba, in Langa, oppure presso qualche ente vitivinicolo.
Nel 1998, sul piazzale della sua cantina sociale in occasione del trentennale della fondazione, si scopre un busto di bronzo che ricorda Arnaldo Rivera sorridente.
Sempre nei locali della Cantina “Terre del Barolo”, nel dicembre 2009, è stato presentato il libro “50 anni insieme”.
Sottotitolo: Terre del Barolo.
Un territorio, una cantina: 1958-2008, edito dall’Artistica di Savigliano e scritto dallo storico Giulio Parusso.
Nel 2017 è stato inaugurato il bellissimo “SPAZIO RIVERA” all’interno della cantina-area vendita al pubblico- per evidenziare nel modo migliore l’opera di un grande patriarca di Langa .