Ricette di cucina

Zuppa inglese Il dolce dal nome misterioso

Novembre 26, 2012

Ecco a voi la procedura per la ricetta di un dolce classico di Carnevale qui nelle Langhe e che sicuramente conoscerete già (passi se non lo avete mai preparato, ma di certo lo avrete assaggiato, vero?).

Originario nella fascia padana del Nord Italia con incursioni anche in Toscana è preparazione alquanto remota, presente già dal Rinascimento, si arricchisce nel tempo con l’arrivo di nuovi ingredienti quali l’alchermes (dolce, rosso nel colore e più alcolico del vino) e del cioccolato che sotto forma di budino veniva impiegato a strati al posto della crema pasticcera.

Un tempo si realizzava anche con biscotti o con avanzi di torte secche, dove la funzione del liquore era proprio quella di ammorbidire l’insieme e renderlo nuovamente gradevole con un occhio di riguardo anche all’economia domestica.

Antenato del Tiramisù per metodologia di composizione ma sostanzialmente diverso negli ingredienti utilizzati, è un dolce dal colore vivo che lo caratterizza.

Ingredienti

Biscotti Savoiardi
150 g
Rhum di Giamaica
1 bicchiere
Confettura di albicocche
250 g
Crema pasticcera
0,5 kg
Alkermes
1 bicchiere
Crema al cioccolato
150 g

Cosa serve

  • piatto ovale molto fondo da portata
  • un cucchiaio

Procedimento

Si prendono 150 grammi di biscotti savoiardi.

In un piatto ovale da portata molto fondo si mette uno strato di tali biscotti inumiditi con rhum di Giamaica.

Su questo strato di biscotti si spalma della marmellata di albicocche ed uno strato di crema pasticcera (uova, zucchero, latte, farina e vaniglia).

Si ricomincia a rifare gli strati nello stesso ordine, con la sola variante di bagnare leggermente i biscotti con Alkermes.

Si inizia quindi un’altra serie di strati con i biscotti imbevuti nuovamente nel rhum. Finiti gli strati voluti si ricopre il tutto con una crema al cioccolato (uova, zucchero, latte, farina e cioccolato). Si serve freddo.

Curiosità

Questi langhetti (o langaroli, o langhesi, o langhigiani, chissà!), questi langhetti di poche parole, restíi a dialogare, concreti ed essenziali quando parlano del loro lavoro, delle stagioni, dei vigneti, delle cantine, si concedono le più strane fantasie quando si tratta dei prodotti, semplici ma originali, della loro cucina. E come dargli torto?

Questi battesimi gastronomici sono naturalmente opera delle massaie, più taciturne ancora dei loro uomini, e sono ormai definizioni d’uso comune, nate chissà quando e chissà dove, sulle quali è arduo tentare ricerche troppo dotte.

Così abbiamo dei patè che non sono patè, del vitello tonnè, che ignora il tonno, dei batsoà che con le calze di seta non hanno niente a che fare, delle grive che non hanno nido, e questa zuppa inglese, altrettanto misteriosa nell’origine e strana nel nome.

La preparano però in tutta Langa da sempre per i pranzi di un certo tono e la offrono con la certezza che sarà gradita dai commensali; e gradita, in verità, lo è sempre perché nella sua, diciamo, rusticità propone una buona armonia di sapori di una certa vivacità, è morbida, si accompagna meravigliosamente con un buon moscato fresco e profumato, che un poco la nobilita.

Qualche ricerca sull’origine di questo dolce, in verità, s’è fatta, ma siamo sempre nelle nebbie. Prevalgono per ora due tesi: il dolce sarebbe nato nelle cucine dei Savoia e poiché base e sostegno ne erano e ne sono i biscotti detti Savoiardi o anche inglesi, zuppa inglese, cioè di biscotti inglesi, venne detta.

Altri suggeriscono una spiegazione più elaborata: un piemontese, commerciante, artigiano (dicono soldato, e addirittura garibaldino, ma non lega con la storia per colpa di quelle noiose cose che sono le date) si ritrova per qualche tempo a Napoli, vi scopre alcuni liquori vigorosi, che vi arrivano con le navi inglesi (ecco l’appiglio: ma che fatica!), ha con sé gli amati biscotti e realizza quella commistione che chiama appunto zuppa inglese e che poi ripete e migliora e completa quando torna a casa, naturalmente cedendo il privilegio della rielaborazione alle sue donne.

Il dolce si definisce così nella forma ormai tradizionale; il nome resta: con tutti i suoi dubbi.