Arte e cultura

La cena del cantar le uova

Aprile 4, 2011

Durante la Quaresima s’andava a cantar le uova. Si partiva la sera, soprattutto del sabato, e si percorrevano chilometri a piedi, di cascina in cascina, di borgata in borgata, cantando il ritornello beneaugurante davanti l’uscio di casa:

Soma partì da nostra ca’ (siamo partiti dalla nostra casa)

fin da la prima seíra (fin dalla prima sera)

per venirvi a salutè (per venirvi a salutare)

deve la bona seira (darvi la buona sera)

I padroni di casa offrivano uova: l’uovo era simbolo di fertilità, della campagna che s’apriva ai frutti dell’anno.

La combriccola di soli uomini, con fisarmonica, clarinetto, bombardino e quant’altro, si ritirava all’alba col cesto pieno di uova.

Alle donne il compito di preparare belle frittate con cipolle, con le prime erbette dei campi, oppure la frittata rognosa. Questo era il piatto principale anche della merendina del lunedì di Pasqua, consumata ai primi soli.

In questo menu, le frittate sono precedute dai fricieu (frittelle): tutte vivande in cui l’uovo entra dalla porta principale. Segue il vitel tonné (vitello tonnato) nella sua versione originale.

Fa ancora freddo la notte, per cui un piatto di minestra di ceci e costine scalda e corrobora.

Le roladine (rolatine) fanno capolino, sperdute nella memoria della cucina d’un tempo, col loro fresco ripieno di prezzemolo, peperone sotto graspa o aceto e spagnolin (peperoncino).

Le pere al vino sono un altro classico che in questa cena delle uova non può mancare.

Infine la torta di nocciole in una ricetta antichissima, passata di madre in figlia, con un bicchiere di Barolo d’annata per l’ultimo brindisi, adesso sostituito con l’Asti.